lunedì 21 aprile 2008

Capitolo 11°: Mosca cieca

Era veramente un periodo pessimo.
A parte la situazione con Fede, con Zoe il rapporto era arrivato a un punto importante.
Una di quelle situazioni che fanno capire se la persona che hai accanto è giusta per te.
Il fatto di non essere ancora capace di dare con continuità un valore importante alla mia persona era un ostacolo.
In tutti i campi tutto ciò che facevo era nullo e i miei bisogni passavano sempre e comunque in secondo piano rispetto a tutto il resto. Sembrava come se nel momento in cui stavo insieme a una persona il mio Io, lasciasse il posto al NOI.
Era arrivato il momento di cambiare totalmente questo mio comportamento. Era un discorso di onestà prima con me stesso e poi con Zoe.
Leggevo e leggo tutt'oggi molto. Cerco di ritagliarmi spazi nelle lunghe giornate passate tra carta stampata e clienti impazziti per le riviste low cost, per impare.
Tra tutte le parole che ho letto, mi è rimasto impresso un discorso che oggi tengo ben presente.
La cosa bella della coppia è sapersi a memoria. In francese e in inglese "studiare a memoria" si dice "par coeur" e "by heart". Con il cuore, traducendo letteralmente. Una poesia ad esempio, si imparerà, quindi, "con il cuore".
La poesia essendo perfezione della parola contiene un ritmo. Quando si legge e si impara, si deve unire il ritmo delle parole a quello del cuore (by heart o par coeur) e insieme si da vita a un terzo ritmo che fa diventare unico quel testo.
Questo è quanto dovrebbe succedere nella coppia.
Non uno che segue il ritmo dell'altro ma tutti e due insieme che danno ritmo e il risultato è un terzo territorio che non è ne di uno ne dell'altro ma appartiene a tutti e due. Sapersi a memoria non significa quindi cadere nella routine degli stessi movimenti, ma carpire ogni giorno la sfumatura che li rende diversi da tutti gli altri e quindi irripetibili e stupendi.
Con Zoe ero caduto in errore. Per rimanerle vicino e cercare di esserle utile, cercavo di interpretare segni e parole, prendendo decisioni che alla fine non erano quelle giuste o che lei cercava.
Tutto questo veniva fuori dalla mentalità che mi era stata inculcata dal mondo che avevo frequentato prima di lei: quando non si parlava chiaramente, bisognava arrivarci da soli.
Molto più giovane e immaturo, avevo barattato il mio modo di essere per la paura di rimanere da solo.
Da quell'esperienza avevo imparato a non limitare i miei sentimenti e i miei pensieri e a non mettermi da parte. perchè le mie esigenze riguardavano anche la persona che avevo accanto e viceversa.
Il fatto è che dopo quell'esperienza, il lavoro mi aveva inghiottito, non dandomi la possibile di avere confronti con altri, rispetto a questo mio pensiero.
Risultato?Con Zoe ci ero ricaduto diventando quello che non voglio essere.
Un ragazzo che le piaceva incredibilmente e a cui voleva un bene dell'anima, che non riusciva a togliersi dalle sue seghe mentali. Almeno fino ad allora.
Un giorno, dopo aver passato il pomeriggio a discutere proprio di questo, mi ritrovai ad aprire la porta di casa abbracciato dal magone.
Un magone denso. Il magone che penso abbia solo una mosca che continua a sbattere contro il vetro che la separa dalla libertà.
Continuavo a prendere la rincorsa del cambiamento ma mi trovavo a sbattere contro la paura. Non sapevo di cosa. Ed era la cosa più scema del mondo. Passai buona parte del pomeriggio sotto le coperte. Come un bambino capriccioso cercavo di capire qualcosa che mi sfuggiva e non riuscivo a prendere.
Dopo un oretta ero sotto la doccia, cercando in quel getto d'acqua bollente una risposta che tardava ad arrivare.
Pochi minuti ed ero davanti al video del portatile. Cosa ci facevo li, cosa volevo e cosa cercavo non lo so ancora oggi. Confuso, incazzato con me stesso e deluso, iniziavo a vedere una piccola crepa nel vetro. Vedevo davanti a me una corda e dovevo prenderla. Sentivo di dover cambiare qualcosa. Sentivo di dover crescere. Immerso in quei pensieri non avevo quasi sentito il telefono vibrare. Era un suo messaggio. La crepa era immensa ormai. Bastava una piccola spallata e tutto sarebbe crollato. Sarei rimasto nudo. La mia anima si sarebbe aperta come quando si rompe il guscio di una noce. Rompendosi avrebbe rivelato me stesso. Quel me stesso di cui lei si era innamorata e che da troppo tempo non usciva.
Come mi è stato sempre insegnato, mi allontanai un momento da questi pensieri per valutarne la grandezza e il valore.
Tutte le mie incertezze in quel momento si fecero avanti. Una per una le presi e le valutai.
Erano senza fondamento. Si sgretolarono piano piano davanti ai miei occhi umidi di pianto.
Io stavo mettendo in discussione tutto quello che avevo, dai miei amici alla persona che amavo, per delle idee senza base.
La rincorsa era iniziata.
La spallata fu secca e mi provocò in bocca un sapore acre. Come quello che rimane dopo un pianto dirotto di felicità. Avete mai sentito quella sensazione?quel sapore che rimane tra gli ultimi singhiozzi. Mi ritrovai dall'altra parte completamente inerme, senza corazza e un po' infreddolito nel buio.
Bzzzzzz....Bzzzzzz...Bzzzz....
"Pronto..."
"Ciao...come va?"
"Benino...Perdonami...per come sono stato...ora ho da raccontarti una storia..hai 5 minuti?parla di spallate e vetri...!"
"Spallate e vetri?Hai bevuto?!ihih"
"Inizio eh..."