martedì 19 febbraio 2008

Capitolo 9° : Bere irresponsabilmente..

Dalla finestra della mia stanza si vede la luna. Nelle sere di fine estate si vede davvero bene. Il cielo limpido aiuta i pensieri a vagare fluidi nei meandri del mio cervello. Di solito la notte viene usata da tutti per dormire o magari per rimanere in "intimità" con la propria compagna/proprio compagno.
Io, prima di conoscere Zoe, la usavo per pensare. Riflettevo sulla vita, su quanto avrei dovuto fare per migliorarla e renderla più "a misura Lorenzo".
In sottofondo nella stanza, la televisione accesa ronzava ininterrotta su una trasmissione inutile. La spensi con soddisfazione per accendere lo stereo. Scelta obbligata tra due cd: rilassarmi con Jack Johnson o puntare sullo stile con Frank Sinatra? Optai per Jack Johnson. Non so perchè ma la vita che vive mi fa sognare. Forse perchè per me è una delle migliori per un essere umano. Sole, mare, Hawaii, surf e musica.
Mi lasciai cullare tra quelle note mentre andavo in cucina a mettere su l'acqua per un caffè. Mi piaceva qualche volta farmi quello americano da bere nella tazzona, magari accompagnato a una fetta di torta fatta in casa. Si da il caso che la sera prima io e Zoe ne avevamo fatta una. Quindi quale miglior momento delle 2.45 per fare uno spuntino? Quando tornai verso la stanza da letto con il vassoio, le lancette dell'orologio segnavano le 2.59.
Entrando dalla porta mi bloccai di colpo. Zoe stava dormendo a pancia in giù con i riccioli scompigliati sul cuscino. La luce della luna, che entrava dalla finestra aperta un poco dal venticello estivo di quella sera, accendeva ancora di più quella sua pelle così chiara e le forme del suo corpo risaltavano ancora di più.
Rimasi talmente catturato da quell'immagine che quasi cadevo inciampando nel tappeto. Appoggiai piano piano il vassoio sul comodino e scivolai nelle coperte, vicino al suo corpo caldo e profumato.
Era un piacere starle vicino anche solo a guardarla dormire. L'espressione era assorta e la guancia, leggermente schiacciata tra le pieghe del cuscino, donava al viso una vena di serenità straordinariamente bella.
Come succede il più delle volte in questi casi, passarono pochi minuti prima che dischiuse gli occhi guardandomi e sorridendo.
"Ciao..." dissi con una faccia sbalordita da quello che avevo davanti...
Lei mi guardò e mi disse aggrottando la fronte "ohi...ho capito che sono brutta però...o mamma che sonno.." e si lasciò ricadere mollemente sul cuscino.
"No no..al contrario..stavo guardandoti pensando a come fosse possibile creare uno spettacolo così bello in natura..."
Lei arrossì, affondò la faccia per un attimo nel cuscino ridendo e poi si tirò su sulle braccia e mi diede un bacio. La notte passò veloce e ci presentò il "conto occhiaie" al mattino Non ci voleva solo una tazza di caffè ma, viste le condizioni, una flebo intera direttamente in vena.
Lei andò al lavoro. Iniziava il turno alle 9,30 e avrebbe lavorato fino alle 13. Poi sarebbe passata dai suoi a salutarli e sarebbe tornata li anche per quella notte.
Nel mio cervello frullavano 10, 100, 1000 idee per pomeriggi da passare con lei. E la cosa che mi sconvolgeva era che fossero tutte esperienze che volevo avere con lei a fianco. Non avevo mai sentito questo desiderio. Prima con le altre ragazze era tutto diverso. Conoscenza, sesso quanto basta e per finire, la frase classica "siamo troppo diversi...mi dispiace..è finita". Al massimo c'era la voglia di stare insieme ma mai più di tanto, perchè dopo un po' gli argomenti finivano e la noia prendeva inevitabilmente il sopravvento.
Poi, per loro, era troppo impegnativo portare avanti un rapporto con una sola persona. Troppo impegnativo portare avanti un rapporto con me. Lorenzo pretendeva rispetto reciproco e attenzione per i sentimenti. Era come avere un prato verde da curare e assegnarne metà ad ognuno. Se uno non curava la sua parte, prima o poi sarebbero cresciute le erbacce o l'erba avrebbe lasciato il posto a una distesa di terra arida.
Nessuna richiesta, promessa ne giuramento, chiedevo solamente di prendersi cura della propria parte con serietà o mollare il colpo. Tutto qui. Chiedevo troppo? Dopotutto in amore se ognuno non fa un piccolo sforzo per rimanere vicino all'altro, prima o poi salta tutto. No?
Nel frattempo mi ero alzato, fatto doccia e barba, vestito e messo a leggere un libro sul balcone.
In quel momento nulla poteva rovinare questa atmosfera. domenica mattina, niente lavoro, poca gente in giro, sole..insomma..tutto perfetto.
Pi pi pi..piri pipipi..Odio il cellulare...soprattutto quando suona "Anonimo". Da quel pomeriggio in cui era stata male mia nonna, non lo sopportavo più.
Risposi. Era Fede. Dopo 5 minuti ero cavalcioni al motorino. L'aria era calda ma in motorino non dava fastidio. Anzi. Era piacevole tutto meno quanto avevo sentito dall'altra parte della cornetta.
Parcheggiai il motorino, mi tolsi il casco e citofonai. Quando arrivai sotto casa di Fede, c'era già la macchina di Clara, la sua ex. Rispose lei al citofono con la voce molto tesa. Feci le scale a due a due per fare prima mentre l'ascensore scendeva al piano terra con una signora anziana all'interno.
Il corpo di Fede, devastato dall'ennesima sbronza da rhum, era disteso sul letto e guardava il soffitto.
L'aria era rarefatta oltre che tesa ma quando andai per aprire la finestra fu proprio Fede a biascicare un "Fatti i cazzi tuoi e stai lontano da quelle finestra e poi un'altra cosa" e dicendolo si alzo sui gomiti "Tu, avvoltoio di merda e quell'altra vacca li davanti ora andatevene fuori dalle palle..." e si rimise disteso con un braccio sopra gli occhi.
Io e Clara ci guardammo per capire il da farsi.
Con un'occhiata capimmo che la pensavamo alla stessa maniera.
Dopo 10 minuti eravamo al bar di sotto. Caffè io e cioccolata lei, eravamo li esclusivamente per controllare gli spostamenti di quel relitto umano, che in questo momento avrebbe potuto fare sciocchezze a profusione.
Fede aveva iniziato a bere pesante, da quando Clara l'aveva mollato. Anche se non voleva ammetterlo, ormai era diventato un vizio.
"Ma ti ha chiamato lui?" le chiesi continuando a girare il cucchiaino nella tazzina ormai vuota.
Lei mi guardò con aria stanca e mi disse "Si..appena ho preso la linea ha iniziato a insultarmi e a dirmi che dovevo tornare con lui se no si ammazzava...insomma..mi sono anche spaventata.."
"Si ma ora secondo te cosa dobbiamo fare?". Era la terza volta dall'inizio dell'anno che si riduceva così e iniziavamo ad essere seriamente preoccupati per lui.
Chiamare i suoi genitori non ci sembrava la soluzione più giusta, anche perchè li avremmo messi in agitazione per una situazione pesante che oltretutto li avrebbe fatti soffrire maledettamente.
Lasciai Clara ad aspettare il suo nuovo fidanzato da sola e saltai in motorino.
Avevo preso una decisione. Dopotutto l'unica persona che poteva aiutare Fede ce l'avevo molto vicino.

giovedì 14 febbraio 2008

Capitolo 8° : 2000 euro

La settimana passò in fretta. 7 giorni sembrarono 2 ore. Era bella Zoe, Bello il mondo, Bella la luce, il mare e tutta quella gente che passeggiava sulla spiaggia.
Bello TUTTO. Le emozioni al posto giusto, la tenerezza quanto basta per non essere fastidiosa ne mancante..insomma..stavamo bene insieme.
Tutto di lei mi piaceva. Vi ho sentito. Non iniziate con il solito "Seeeeeeeee dai..neanche un difetto..è il colpo di fulmine che non da la possibilità di essere obiettivi"..NO..non è così..nella mia vita "avanti - Zoe" ero rimasto scottato proprio per questo.
Troppe le storie finite male perchè vissute con le fette di salame sugli occhi. Troppi i colpi bassi ricevuti da persone che non avevano scrupoli nell'usarmi e buttarmi nel cestino dell'umido subito dopo. Troppo pesante ascoltare i miei colloqui deliranti o le mie confessioni più intime. Dopotutto erano vere. E' un po' come vedere una donna con o senza trucco. Con il trucco è perfetta. Senza, scopre il fianco a una serie di imperfezioni..di piccole rughette che potrebbero lasciare deluso l'osservatore e farlo scappare. Ma perchè?
Un giorno ero in macchina e ascoltavo la radio. Canzone di cui non mi ricordo il titolo ma mi è rimasta impressa questa frase "se un giorno mi innamorassi di te ti darei il peggio di me per vedere se dopo il dolore restiamo noi". Un po' apocalittica ma molto bella. E' proprio dopo aver visto i difetti che si può decidere se una persona è giusta per se. no?
Per questo è importante non scegliere solo dalla "crosta" ma farsi guidare dalle sensazioni profonde che può dare una persona.
Un cuore vale mille volte di più di un fisico mozzafiato. Poi se ci sono tutti e due è meglio.
Con Zoe c'erano tutti e due. Decisamente. Vederla ridere era come assistere a un alba a Rio de Janeiro. Sentirla parlare e vedere le sue labbra muoversi al vento delle sue parole era uno spettacolo inestimabile. Vedere il suo corpo ondeggiare nel sole era una poesia sussurrata dolcemente all'orecchio.
E poi quando mi guardava in quel modo. Beh. Altro che campane, campanellini e angioletti. No no. Con lei le fette di salame me le ero mangiate in un sol boccone.
"Lorenzo...Lorenzo..ma mi ascolti?"
Ivan era davanti a me e, poveretto, stava cercando di comunicare con Lorenzo. Purtroppo però in quel momento Lorenzo era nella stanzetta insonorizzata del suo cervello a guardare flash di vita con Zoe. Ne uscii per rispondere al malcapitato.
"Eh..ah..si..scusa..ero un attimo..o mamma che fissa...scusami..dimmi dimmi"..
Lui mi guardò con una faccia comprensiva e mi disse "Siamo a fine estate ragazzo mio ma tu mi pare che sei rimasto alla primavera più inoltrata.." e rise mettendosi a finire i suoi lavori.
"Dai Ivan vai a casa ora" Era rimasto per una settimana da solo a gestire tutto, dalla mattina alla sera e ora all'alba delle 18,30 era ancora li per aiutarmi a finire il lavoro del giorno e chiudere le rese. Lui mi guardò enigmatico e tentò di parlare "Ma Lorenzo c'è da fare...".
"E' inutile che parli...e non guardarmi così. Sono il titolare e ti impongo di andartene. Diciamo che sono atipico. Di solito gli imprenditori veri obbligano i lavoratori a stare ore in più senza pagarli o ore in meno per non pagare gli straordinari. Facciamo che io ti pago il sacrificio che hai fatto la settimana scorsa con un piccolo extra..." e gli allungai una busta bianca gonfia di biglietti da 50 €. Il totale era 2000 €. Troppo?Direi di no. Avrei rinunciato io volentieri a qualcosa quel mese per far capire a Ivan quanto fosse importante quello che aveva fatto per me. Di solito gli davo 850€ forfait per fare 5 ore al giorno o poco meno. Aveva anche una splendida bambina, Giulia, da mantenere e quindi quel mese decisi che gli avrei dato quella piccola soddisfazione.
Lui mi guardò con gli occhi che ridevano e mi abbracciò forte. Io gli diedi una pacca sulla spalla e gli dissi "Non montarti la testa ora però, perchè è solo per questo mese..se no fallisco tra un po'..ci vediamo domani dai...scappa..".
Quando chiusi la porta mi trovai da solo con i miei pensieri. Zoe prima di tutto ma anche tutto il resto della mia vita. Mi capitano questi momenti. Molti li chiamano esami di coscienza. C'è chi sostiene che non serve farli, altri che li fanno addirittura tutte le sere prima di andare a letto e altri ancora, come me, che li fanno in momenti particolari della propria vita. Io ero in un momento particolare. Chiamiamolo "di cambiamento".
Io ero felice. Ma davvero tanto. Per molti magari talmente tanto che diventavo anche ridicolo.
Avevo sempre avuto problemi nel relazionarmi con gli altri. Stavo attento a tutti i giudizi senza prendere in esame il fatto che l'importante era quello che volevo io.
Ero io a dovermi giudicare e nessun altro.
Preso da questi discorsi mi alzai per iniziare a tirare dentro i giornali.
Era quasi buio. L'albero sul fianco dell'edicola perdeva, petalo dopo petalo, i fiorellini che erano cresciuti in primavera e quella immagine mi dava, ogni anno, un filo di tristezza. Come se con quel gesto, volesse avvisarmi che stavamo per rituffarci in quell'inverno gelido che troppe volte avevo maledetto. O meglio. Non ero proprio io a maledirlo, ma le mie mani, i miei piedi, il mio naso e le mie orecchie. Tutte parti che congelavano alla velocità della luce.
A breve sarebbe tornato e io sarei stato ricoperto da quel sottile strato di ghiaccio che solo il mese prima, assediava anche il mio cuore. Una sola differenza mi venne in mente. Appena il mio cervello focalizzò di cosa si trattava, il mio cuore prese a battere più forte. Questo perchè era appena entrata in edicola e mi sorrideva davanti. Intendo la differenza.
"Signorina mi scusi...lei cosa ci fa qui??" dissi sorridendo. Poi mi sporsi dalla finestrella di vendita e un bacio risuonò nell'aria. Zoe era li e tutto il resto passava in secondo piano.

venerdì 8 febbraio 2008

Capitolo 7° : Mare

Lo stereo acceso cantava "Are you the one?" di Peter Cincotti. Su questo swing accattivante, fischiettavo in camera da letto subito dopo la doccia.
I capelli umidi rivelavano qualche filo d'argento quasi invisibile..ma c'era. A 25 anni?? Che vergogna..
Sul letto jeans slavati e una camicia elegantina mai messa. Ma quella era un'occasione speciale. Zoe usciva dall'ospedale dopo 3 giorni di esami e lastre. Purtroppo dopo la prima lastra il medico ha preferito trattenerla perchè pareva ci fosse un'interessamento ai reni. Causa, la botta rimediata nella caduta dopo lo schiaffo di Mario...a proposito del "verme"..si da il caso che con il lavoro che faccio, qualche conoscenza non proprio raccomandabile ce l'abbia anch'io e in quel preciso istante era a fargli una "visitina". Sono sempre stato contro qualsiasi tipo di violenza ma quando ci vuole ci vuole.
Odio (e ripeto ODIO) chiunque alzi le mani su donne e bambini. Più che sugli uomini. So che non è un discorso logico perchè la violenza si potrebbe definire "uguale per tutti". Per me no. Quando sento alla televisione di donne stuprate o bambini picchiati, mi viene una rabbia addosso inimmaginabile.
Alle 9 ero già fuori casa emozionato come un bambino al primo giorno di scuola. Il motorino era parcheggiato nel cortiletto di casa. Avevo preso la macchina di mia nonna per far stare comoda Zoe, visto che aveva ancora qualche dolorino. Prima di arrivare in ospedale mi fermai in una pasticceria del centro per comprare i cannoncini. Panarello. Ne avete mai sentito parlare?E' in una traversa di V. Torino, a due passi da Duomo.
Beh..di quei cannoncini, in un week end di libertà da mia nonna, ne avevo fatti fuori mezzo kg...da solo.
Ne feci mettere 4 in un sacchettino e poi correndo ri-montai in macchina, destinazione Zoe.
Quando arrivai in stanza, era già in piedi vestita e con la borsa preparata. Un solo sguardo, un bacio appena accennato per farle coraggio e via insieme.
In macchina presi dal sedile posteriore il sacchettino con i pasticcini e glieli misi in mano.
I suoi occhi si acceserò in un'espressione stupendamente gioiosa e notai con grande piacere, che aveva una fame da lupo.
Li mangiò tutti con gusto dopo aver insistito perchè li mangiassi anche io.
No..io no potevo mangiare in quel momento. Ero troppo catturato da lei. Dal suo sguardo felice e dal pensiero di quello che stavo per fare.
La portai a casa sua un attimo per appoggiare la borsa, mettere a posto due cose e chiamare sua madre.
Poi via. Destinazione: mare.
Mi ero deciso sapendo da una collega di Zoe, che continuava a lamentarsi delle ferie che accumulava e non riusciva mai ad usare.
Il giorno prima avevo chiamato un hotel tranquillo di Laigueglia (Liguria - vicino da Alassio) per prenotare una stanza vista mare. Era un hotel gestito da un cugino di Fede, quindi trovare posto anche a inizio agosto, fu abbastanza semplice.
Zoe non sapeva nulla di nulla, ma l'antidolorifico che le avevano dato poche ore prima di dimetterla aveva fatto decisamente effetto e infatti stava dormendo come un angioletto.
Il grosso dell'esodo estivo era terminato e il viaggio passò via liscio come l'olio. In meno di 3 ore eravamo già parcheggiati davanti al mare. Quando lei aprì gli occhi e le si presentò davanti quello spettacolo rimase senza fiato. Una lacrima fece capolino da quell'occhio semi chiuso per la luce, e mi disse "Tu sei pazzo...davvero un pazzo scatenato...io devo andare al lavoro...è bellissimo tutto ma non posso rimanere..."
Alzai un indice lo posai delicatamente sulle sue labbra umide di lacrime e le dissi "Ehi...ho già fatto tutto io..tu fino a settimana prossima rimani qui con me a goderti il sole, il mare e i ristoranti della costa...sempre se ti va..insomma..non voglio obbigarti.." e le diedi un bacio.
Quando sentì quelle parole si mise a singhiozzare ancora di più e mi buttò le braccia al collo per la felicità. Io ero un vulcano di emozioni. Non riuscivo più a capire nulla. Le avevo donato felicità. E questo era quello che desideravo.
E' veramente una soddisfazione immensa per me, dare felicità alle persone a cui tengo, senza pretendere nulla e sorprendendole sempre. Questo mi portava però, a volte, ad avere anche momenti di depressione e sconforto, quando mi accorgevo che non riuscivo a raggiungere questo scopo.
"Dai..ora in camera a metterci i costumi e andiamo in spiaggia che alle 13 dobbiamo andare in un posto....2° sorpresa della giornata!!" e sorrisi.
Lei era in un palese stato confusionale da emozioni. Continuava a sorridere e riusciva a malapena a dire "si" e "no".
Preso il sole per un'oretta abbondante, ci avviammo verso Alassio con il sole alto nel cielo. La brezza che arrivava dal mare rendeva meno dura la passeggiata che ci aspettava. Zoe aveva una canottiera gialla, un copricostume arancione e un berretto coloratissimo calcato su quella massa di capelli perennemente scompigliati. Ed era felice. Brillava di quella felicità da bambina che la rendeva ancora più bella.
Arrivammo. Ristorantino con gazebo sulla spiaggia, pesce, vino e spensieratezza quanto basta per rendere quella giornata unica.
Quei sapori, i profumi e le sensazioni sarebbero rimasti intatti dentro me..lo sentivo dal profondo del cuore..sentivo quella vocina che sentono le persone che sono state colpite e affondate..troncate..a mio modo di vedere esiste davvero il colpo di fulmine. Che poi un rapporto vada costruito giorno per giorno con spensierato romanticismo ecc., siamo tutti d'accordo. In quel caso però, io ero stato davvero travolto dalla conoscenza di quella ragazza. Mi aveva ribaltato le percezioni, ogni cosa al mondo era già bella prima di lei, ma ora...
Diciamo che assumeva un sapore ancora più buono.
Il caffè amaro può piacere o non piacere. A me piace. Ma se c'è lo zucchero è meglio. Lei era lo zucchero nel caffè. La cosidetta ciliegina sulla torta.
"Mi spieghi da dove vieni?" chiese lei, guardandomi divertita.
"Sesto San Giovanni..Milano..Italy madame...perchè?"risposi..
"Ma perchè non esistono ragazzi come te..così romantici e carini..insomma..boh..sei un e.t. Di ragazzi non ne ho avuti tanti però "come te nessuno mai".."
Era bello sentirsi dire quelle parole, soprattutto per uno come me che era stato abituato in passato, a dare moltissimo senza chiedere nulla in cambio.
Vedere quelle dimostrazioni di affetto da parte di Zoe apriva un mondo nuovo. Quello della consapevolezza di avere una persona al mondo che voleva stare con me. Era incredibile. Si vedeva dai suoi gesti che mi cercava, voleva starmi vicino e voleva che io stessi vicino a lei.
Alla fine di quella settimana sia io che lei saremmo tornati alle nostre occupazioni. Un filo di tristezza a questo pensiero, si faceva strada in me, ma non più come una volta.
Prima quando la persona con cui mi frequentavo doveva andare via o non ci vedavamo con grande frequenza, ci stavo davvero male. Diventavo nervoso e perennemente alla ricerca di un minuto per noi.
Ora no. Ma non perchè fossi diventato menefreghista. Riuscivo a godere a pieno dei momenti con lei. Fino all'ultima goccia. Ero pienamente soddisfatto di Zoe, del suo modo di essere e dare attenzioni.
Senza accorgersi eravamo usciti dal ristorante e ci eravamo messi vicino a prendere il sole in spiaggia. Stando li al suo fianco non riuscivo a stare in silenzio e continuavo a tenerle la mano. E' proprio questo forse il segreto? Amarsi di fianco, guardando lo stesso orizzonte.

mercoledì 6 febbraio 2008

Capitolo 6° : Angelo ferito

Non ce n'è. Ditemi cosa c'è di meglio di comprare focaccine calde e mettersi a mangiarle su una panchina di un parco assolato?Se poi il parco è "vista Zoe" tanto meglio no?
Al mattino non lavoravo praticamente mai. Aprivo prestissimo, smistavo la merce in arrivo e intorno alle 9,30, finite le consegne a domicilio, lasciavo da solo Ivan (altro amico d'infanzia che mi aiutava) e inforcavo il mio motorino in direzione parco. Avevo preso questa abitudine dopo che mi ero reso conto che stavo sprecando i miei momenti liberi tra quattro mura oppure sotto una coperta calda. Non che mi dispiacesse a volte, abbandonarmi all'oblio stupendo che regala il sonno tanto desiderato. Diciamo che era un periodo in cui sentivo forte dentro di me lo stimolo a vivere ogni momento come se fosse l'unico disponibile.
Ed eccomi qui. Parchetto. Bambini che si rincorrevano ridendo e l'ospedale di Zoe davanti. Il sole baciava tutto e tutti, generoso come al solito. La sensazione che provavo quando mi trovavo in quelle situazioni, era di eterna felicità.
Rimanere li vicino era strano, perchè sentivo la sua presenza. Dopo la volta del caffè, ci eravamo visti ancora qualche volta sempre in edicola, prima della morte di mia nonna. Era lei che mi passava a salutare e parlavamo per ore di qualsiasi argomento.
Era bello parlare con lei perchè si passava da Shakespeare e Neruda, a problemi politici o a programmi televisivi. Quel pomeriggio avrei tanto voluto che si presentasse davanti a me con due bicchieroni di frullato alla fragola in mano, ma non successe.
Ogni secondo che passava il mio cuore era un oceano in tempesta. Mi mancava l'aria e non riuscivo a stare fermo con i piedi e le mani. Ero agitato per nulla. Solo il fatto di stare li a 100m da lei mi faceva agitare.
Che poi se ci si pensa un attimo, perchè un uomo dovrebbe agitarsi a stare vicino a una donna?Forse proprio per quella fottuta paura di sentirsi dire l'ennesimo no. Ma non da una qualsiasi che hai conosciuto per caso e ti è piaciuta...da lei. La ragazza che hai scelto, con la quale sei andato ovunque nei tuoi sogni senza riuscire mai a rivolgerle la parola dal vivo.Preso da quei pensieri non mi ero nemmeno accorto dell'orario. In quel preciso istante stava per uscire e io ormai ero deciso a farlo. Non ce la facevo a passare ancora nemmeno un'ora in quella situazione. La vidi da lontano. I riccioli che si scompigliavano nel vento, quell'aria semiseria e sognante, gli occhi un po' socchiusi per quella luce perennemente troppo forte per quegli occhi di acqua marina. Un angelo.
"ehm..ciao" dissi con una voce che rasentava il ridicolo.
"...ma cosa ci fai tu qui?ciao!"
Che ci facevo li?Volevo vedere lei cavoli.Potevo dirglielo?secondo voi?
Decisi, seguendo la mia indole, di non dirle nulla di particolarmente intelligente per farla ridere "Passavo di qui..." facendo un sorriso.
"Si dai. Di la verità. Volevi vedermi. Ora mi porti a mangiare?!" disse lei cercando di fare un'espressione seria. Mi spiazzò.
Un'ora dopo eravamo a tavola in un bar li vicino. Era un bar nuovo con un arredamento molto vintage. Mi piacciono le cose che sanno di tempi andati. Mi piace il profumo di cera per i parquet misto alla polvere. Davanti a noi due frullati giganteschi e tanta voglia di parlare.
"Magari mi rispondi Fatti i cazzi tuoi, però vorrei farti una domanda da un po' di tempo..."dissi.
"Mi pare che debba decidere io come risponderti no??"
"Ok ok..non arrabbiarti..il tuo ragazzo?nel senso mi pare un po' strano che tu non lo veda praticamente mai. Io se fossi il tuo ragazzo starei perennemente seduto su una si quelle panchette che ci sono nel parco davanti all'ospedale dove lavori, anche solo per vederti di nascosto mentre esci.."
Lei mi guardò con aria mista tra il sognante e il triste e mi disse "beh diciamo che non vedo mai il mio ragazzo perchè lavora davvero tanto..."nel frattempo una lacrima scese dispettosa dal suo occhio destro e lei si accorse che la guardavo con aria interrogativa "si beh..è da un po' che non ci sentiamo più..."
"Scusami non volevo toccare un tasto dolente..si insomma..."dissi impacciato.
"Zitto...ascoltami...io ora vado via...devo andare da mia mamma per una commissione..comunque questa sera vorrei andare al cinema..se vuoi farmi da cavaliere sarei onorata" e sorridendo fece un'inchino quasi a rafforzare il suo pensiero.
"Con vero piacere madame..cosa intende portarmi a vedere?"
"Facciamo così...è un gioco che faccio spesso con i miei amici...andiamo al cinema e ci facciamo scegliere dal film.."
"Si beh è chiarissimo" dissi incantato dalla sua dolcezza "Vai ora tranquilla...ci sentiamo per stasera allora...alle 21?"
"Ti mando un sms dopo". Poi si avvicinò e, prima di dileguarsi, mi schioccò un bacio sull'angolo della bocca.
Un arcobaleno di pensieri e parole mi vennero alla mente senza richiesta. Ero un vulcano di desideri seduto a un bar. Ma desideri da bambino. Avevo proprio voglia di comprare due o tre scatolette di plastilina e metterci a impastare e creare davanti a un gelato o semplicemente seduti in mezzo a un prato. Volevo vedere i suoi occhi brillare di felicità per le cose che faceva con me. Correvo troppo?
Il tavolino ora era semivuoto con ancora il suo bicchiere dalla parte opposta.
Mi alzai e appoggiai la mano li su quella sedia dove era rimasta seduta fino a un secondo prima. Mi capita spesso. Grazie a quel calore, mi sembra di catturare un segno di lei prima che il vento se lo porti via.
Corsi al lavoro e quel pomeriggio passò lentissimo. Senza tregua continuavo a pensare a lei e a tenere d'occhio il cellulare e l'orologio. A ogni battito di ciglia, l'occhio andava a cercare un segnale dal telefono senza successo. Chiusi presto e andai a casa a prepararmi di corsa. Alle 20 ero già vestito, profumato e con un mazzolino di tulipani gialli in mano pronto per uscire al primo suo squillo.
Chissà come sarà stata. Vestita elegante. Sportiva. Chissà se avrebbe avuto quel profumo stupendo che si portava a dietro sempre in ogni situazione.Come fate?intendo voi donne. Come fate a profumare in ogni situazione?Non sudate praticamente mai e profumate sempre. Siete sempre più un mistero. "L'omo avrà anche da puzzà", ma non mi pare il caso di mettere tutte le ghiandole sudorifare ai maschietti. Non pensa Lei che sta al piano di sopra??
Driin. Driin. Driin. OPPORCAVACCAE'LEI..."Si pronto" il cellulare per la foga aveva fatto un carpiato in aria prima di finire tra le mie mani, preso al volo per un soffio.
"Lorenzo" la voce era rotta dai singhiozzi. Era Zoe. "Cos'è successo?...Zoe?".
"E' tornato..era una furia..per me era anche ubriaco..Ora è andato via..Perfavore vieni qui..credo di avere qualcosa di rotto". Appena finito di sentire la sua frase ero già sotto casa sua. Entrai in casa e lei era seduta per terra sotto la finestra pallida e tremante. Mi resi conto fin da subito che non stava bene e un'ora dopo era già al pronto soccorso con un polso steccato e qualche cerotto. Sul comodino il mazzo di tulipani rallegravano l'atmosfera beige delle pareti e bianca delle lenzuola.
"Signore mi scusi. Ora dovrebbe andare via. E' finito l'orario delle visite". L'infermiera era in piedi davanti a me e pareva fosse seduta davanti a un palo della luce. "Va bene..mi lasci solo un minuto per salutarla". Con una faccia da compatire colossale, si allontanò sbuffando e mi ritrovai da solo con Zoe.
Lei da quando eravamo arrivati non aveva ancora alzato lo sguardo dal lembo della sua vestaglia. Aveva disegnati degli orsetti di tutti i colori.
"Come stai?" le chiesi
Lei sembrò come svegliarsi dal torpore e mi disse "Mi fa male il polso..per il resto va malissimo..non me lo sarei mai aspettato da Gianni". Gianni era il suo fidanzato. Uomo d'affari che stava più con gli aerei che lo trasportavano a destra e a manca per l'Europa che con la propria compagna. Sembrava che qualcuno ci avesse visti al bar durante il nostro pranzo e lui avesse perso il lume della ragione. Era entrato in casa come una furia e le aveva dato uno schiaffo molto forte dopo averla strattonata per il polso con cattiveria.
"Lo devi denunciare ora..Zoe sto parlando con te..mi ascolti?" mi avvicinai e le diedi una carezza sul viso.
Lei a quel punto non disse una parola. Sembrammo due calamite attratte l'uno verso l'altra nello stesso attimo e arrivò il bacio. Morbido, caldo e leggero. Praticamente stupendo. "Signore sto per chiamare la sicurezza" l'infermiera era ancora sulla porta. Passandole accanto dopo aver dato l'ultimo bacio di corsa a Zoe, mi avvicinai, la guardai dritta negli occhi e dissi "Sono davvero fin troppo contento in questo momento per abbassarmi a mandarla affanculo...quindi le augurerò solo buona serata".
La lasciai di sasso ancora appoggiata alla porta a godersi, senza saperlo, la vista di quell'angelo ferito che stava facendo breccia nel mio cuore.

sabato 2 febbraio 2008

Capitolo 5° : Dare e avere

Ore 10.35. Guardai l'orologio da parete che arredava da solo casa mia. Il ticchettio dell'acqua di quel maledetto rubinetto da riparare alternato a quello della macchinetta del caffè, mi stava rendendo claustrofobico, ma non riuscivo a muovermi da li.
Accovacciato per terra tra la tazza del water e il bidè con la testa all'indietro sulle piastrelle ghiacciate che tappezzavano il bagno, stavo bene. Mi sentivo protetto.
Occhi perennemente rossi da lacrime che non erano abituate a solcare quelle lande solitamente aride, facevano da contorno a un espressione sgomenta di infelicità.
Quell'infelicità pregna di ricordi che ti spaccano il cuore. Non credevo di stare così male per la morte di mia nonna. Avevo già pensato a questa situazione e, com'ero solito fare in queste situazioni, avevo fatto la vaccata di immaginare le mie reazioni e i miei gesti.
Mi ero visto forte e senza un briciolo di dolore e invece ora ero piccolo e distrutto.
Per giorni Fede aveva tentato di contattarmi senza successo. Il cellulare dopo quella maledetta mattina, non era stato più caricato e piano piano si era spento. Anche lui.
Nella mente frammenti di ricordi confusi andavano a braccetto con quella sensazione di perenne ansia e tristezza che mi assaliva quando ero depresso.
Ricordi su ricordi.
La prima volta che mia nonna si sedette vicino a me, quando andavo da pochi giorni a scuola, con una penna in mano spiegandomi la posizione giusta per non stancarmi e per scrivere meglio.
Oppure quando preparammo per la prima volta insieme una torta. Quel pomeriggio era ancora vivo dentro di me. I profumi di burro e zucchero, i sapori di pasta frolla ancora da cuocere che puntualmente, contro il suo volere, rubavo dal panetto appena impastato per fare la base.
E poi la bacinella del ripieno. In quella ciotola ho lasciato tanti di quei centimetri di dita a continuare a tirar su i rimasugli e ciucciare quel nettare prelibato.
La sera c'era sempre il rito della preghiera, recitata insieme, con quella sensazione indimenticabile in bocca. Non avete mai provato? Non so se era la mia fantasia o magari un po' di sano integralismo religioso fanciullesco. Sta di fatto che all'epoca quando mi trovavo sotto le coperte e la nonna recitava con me "l'angelo di Dio", sulle labbra sentivo fortissimo un sapore di pane caldo appena sfornato.
La goccia continuava a martellarmi la testa e decisi che forse, andare fuori a prendere un po' d'aria, non mi avrebbe fatto che bene.
Oltretutto iniziavo a sentire un po' di fame: erano 2 giorni che non mangiavo niente a parte un pacchettino di pavesini mandato giù a forza poche ore prima.
Mi alzai con le gambe doloranti e la schiena a pezzi, mi diedi una lavata rapida alla faccia, infilai le prime scarpe che trovai vicino all'ingresso e uscii.
L'aria era calda e puzzava di città.
Milano d'agosto non mi piace neanche un po'. Avevo dovuto rinunciare a tutto il viaggio in America e anche Fede, per starmi vicino, aveva fatto lo stesso.
A proposito eccolo qui.
"Ohi ma dove cazzo eri finito? ero preoccupato marcio..come stai?" disse con una faccia stralunata.
"E come sto?da Dio guarda..." e tirai dritto senza guardarlo nemmeno.
E' un mio difetto. Quando mi trovo in queste situazioni reagisco chiudendomi dentro me stesso.
Pochissime persone sono riuscite, con una pazienza da sante, a penetrare quella mia cortina di dolore e tristezza.
"Ascolta Lorenzo è ora di fartene una ragione. Tua nonna aveva 80 anni. Non dico fosse vecchia e nemmeno che sia facile. Dopotutto anche il modo in cui se n'è andata non rende più facile la situazione. Però tu ora devi cercare di guardare avanti.."
Mi fermai di botto e tornai indietro guardandolo negli occhi "La fai facile tu" gli dissi "tu hai tutto vero?mamma, papà, nonni, nipoti e parenti vari sparsi per il mondo. E io?Io cos'ho?Oh già..ora la nonna sicuramente nel testamento mi avrà lasciato la casa e la sua vecchia 500 del '73, ma quando alla sera metterò il chiavistello alla porta di casa, mettitelo nella zucca, io sarò solo."
Quelle parole risuonarono per la strada come se fossimo stati in uno di quegli hangar dell'aeronautica. Nessuno si girò. A Milano l'indifferenza è di casa e in questi casi ringrazio il cielo che sia così. Fede con un espressione delusa dipinta sul volto, si girò e fece per andarsene.
"No fermo..scusami...davvero..non volevo dirti quelle cose..tu non c'entri nulla..il fatto è che sono già stato lasciato solo dai miei una volta ed ero piccolo. Ora questa è la seconda.Insomma. Ho paura di non farcela."
"Lorenzo. Tu sei in grado di cavartela perfettamente da solo. Sei indipendente, hai un lavoro in proprio, una casa, una macchina e degli amici che ti vogliono bene e sono disposti a starti vicino. Cerca di basare la tua riscossa su queste cose. Lascia andare il ricordo di tua nonna. Lascialo libero di volare. Starai meglio tu e starà meglio anche lei. Pensi che lei ti avrebbe voluto vedere in questo stato?"
"No..lei in questo momento mi avrebbe solamente abbracciato e mi avrebbe detto di metterci davanti a una tazza di cioccolata a parlare...a proposito..quando hanno chiamato dall'ospedale, era una dottoressa che parlava..."
"Eh..che è successo?" mi disse lui incuriosito da quel mio cambio di discorso.
"Indovina un po' chi era?"
"Beh..guardando il tuo sorrisetto enigmatico immagino che fosse qualcuno che non mi aspetterei mai...vediamo vediamo.."
A volte la vita ci riserva queste sorprese. Un momento prima ti toglie la persona più importante della tua vita presente e un momento dopo ti presenta il conto. E che sorpresa scoprire che dopotutto tra il dare e l'avere i conti tornano sempre al millesimo.
Era Zoe. Non avevo mai capito cosa facesse nella vita. Non avevo neanche mai capito il perchè dopo quella volta in edicola, non l'avevo più cercata ne voluta vedere.
O meglio. Il perchè lo sapevo. Quando qualcuno si dichiara occupato io non vado avanti. Nel senso che ci sarebbero state tante opzioni in quel caso. Avrei potuto far finta di non interessarmi ed essere amico, ma l'avrei presa in giro e sarei stato malissimo. Avrei potuto dichiararmi lo stesso ma sarebbe stato un suicidio e, imbranato come sono, come minimo lei sarebbe scoppiata in una risata fragorosa.No no. Non ho le palle per fare tutto questo. L'alunno ha le potenzialità ma non si impegna. Quante idee avevo in mente per corteggiare una donna e quante volte avevo staccato la spina proprio mentre iniziavo metterle in atto. Tutto per paura di disturbare. Paura di fare troppo o troppo poco. Paura di soffrire per un rifiuto di un essere che per me era già importante solo per essere entrato a far parte dei miei sogni.
E' un po' complesso l'universo Lorenzo. Lo dico con molta ironia. Non sono mai stato uno del tutto normale.O forse, scusate il pizzico di presunzione, lo sono troppo per questo mondo.
Quella maledetta mattina quando arrivai paonazzo all'ingresso dell'ospedale, un'infermiera di cera mi indicò gli ascensori emettendo solamente due suoni "Quarto piano".
Entrando in reparto mi venne subito incontro lei. Lo stupore del vederla li davanti a me in camice bianco mi fece entrare in un clima surreale.
Avevo il magone per la situazione in cui mi trovavo ma nello stesso tempo il mio cuore esultava perchè ero a meno di 1 metro da lei.
Le parole furono poche e mal gestite da parte mia. Ero sconvolto e devastato psicologicamente dalla sua telefonata di pochi minuti prima.
Quando firmai le ultime carte relative al decesso di mia nonna Agnese, Zoe era li a fianco e sentivo molto forte, la sua partecipazione emotiva al mio dolore.
Raccontando queste cose a Fede mi resi conto di quanto mi faceva piacere averla avuta vicino in quel momento.
La strada per la felicità era davanti a me. Lunga, stretta, piena di buche e insidie ma era li. L'unica cosa da fare ora era prendere quel poco di stima in me stesso che avevo, aggiungerci un po' di sicurezza e muovere un passo dietro l'altro. Magari partendo proprio da Zoe.