martedì 16 settembre 2008

L'ora X è arrivata...

Ci siamo..penso di essere arrivato al momento X...

Da oggi inizierò la revisione totale e la correzione della bozza che avete letto qui sotto...con i vostri suggerimenti e dimostrazioni di apprezzamento mi avete dato la forza necessaria per mettermi in ballo...e ora inizio a ballare...
I primi passi saranno impacciati e indecisi..poi piano piano spero di diventare sempre più bravo...
Colgo l'occasione per ringraziarvi tutti...
Let's write now...

lunedì 21 aprile 2008

Capitolo 11°: Mosca cieca

Era veramente un periodo pessimo.
A parte la situazione con Fede, con Zoe il rapporto era arrivato a un punto importante.
Una di quelle situazioni che fanno capire se la persona che hai accanto è giusta per te.
Il fatto di non essere ancora capace di dare con continuità un valore importante alla mia persona era un ostacolo.
In tutti i campi tutto ciò che facevo era nullo e i miei bisogni passavano sempre e comunque in secondo piano rispetto a tutto il resto. Sembrava come se nel momento in cui stavo insieme a una persona il mio Io, lasciasse il posto al NOI.
Era arrivato il momento di cambiare totalmente questo mio comportamento. Era un discorso di onestà prima con me stesso e poi con Zoe.
Leggevo e leggo tutt'oggi molto. Cerco di ritagliarmi spazi nelle lunghe giornate passate tra carta stampata e clienti impazziti per le riviste low cost, per impare.
Tra tutte le parole che ho letto, mi è rimasto impresso un discorso che oggi tengo ben presente.
La cosa bella della coppia è sapersi a memoria. In francese e in inglese "studiare a memoria" si dice "par coeur" e "by heart". Con il cuore, traducendo letteralmente. Una poesia ad esempio, si imparerà, quindi, "con il cuore".
La poesia essendo perfezione della parola contiene un ritmo. Quando si legge e si impara, si deve unire il ritmo delle parole a quello del cuore (by heart o par coeur) e insieme si da vita a un terzo ritmo che fa diventare unico quel testo.
Questo è quanto dovrebbe succedere nella coppia.
Non uno che segue il ritmo dell'altro ma tutti e due insieme che danno ritmo e il risultato è un terzo territorio che non è ne di uno ne dell'altro ma appartiene a tutti e due. Sapersi a memoria non significa quindi cadere nella routine degli stessi movimenti, ma carpire ogni giorno la sfumatura che li rende diversi da tutti gli altri e quindi irripetibili e stupendi.
Con Zoe ero caduto in errore. Per rimanerle vicino e cercare di esserle utile, cercavo di interpretare segni e parole, prendendo decisioni che alla fine non erano quelle giuste o che lei cercava.
Tutto questo veniva fuori dalla mentalità che mi era stata inculcata dal mondo che avevo frequentato prima di lei: quando non si parlava chiaramente, bisognava arrivarci da soli.
Molto più giovane e immaturo, avevo barattato il mio modo di essere per la paura di rimanere da solo.
Da quell'esperienza avevo imparato a non limitare i miei sentimenti e i miei pensieri e a non mettermi da parte. perchè le mie esigenze riguardavano anche la persona che avevo accanto e viceversa.
Il fatto è che dopo quell'esperienza, il lavoro mi aveva inghiottito, non dandomi la possibile di avere confronti con altri, rispetto a questo mio pensiero.
Risultato?Con Zoe ci ero ricaduto diventando quello che non voglio essere.
Un ragazzo che le piaceva incredibilmente e a cui voleva un bene dell'anima, che non riusciva a togliersi dalle sue seghe mentali. Almeno fino ad allora.
Un giorno, dopo aver passato il pomeriggio a discutere proprio di questo, mi ritrovai ad aprire la porta di casa abbracciato dal magone.
Un magone denso. Il magone che penso abbia solo una mosca che continua a sbattere contro il vetro che la separa dalla libertà.
Continuavo a prendere la rincorsa del cambiamento ma mi trovavo a sbattere contro la paura. Non sapevo di cosa. Ed era la cosa più scema del mondo. Passai buona parte del pomeriggio sotto le coperte. Come un bambino capriccioso cercavo di capire qualcosa che mi sfuggiva e non riuscivo a prendere.
Dopo un oretta ero sotto la doccia, cercando in quel getto d'acqua bollente una risposta che tardava ad arrivare.
Pochi minuti ed ero davanti al video del portatile. Cosa ci facevo li, cosa volevo e cosa cercavo non lo so ancora oggi. Confuso, incazzato con me stesso e deluso, iniziavo a vedere una piccola crepa nel vetro. Vedevo davanti a me una corda e dovevo prenderla. Sentivo di dover cambiare qualcosa. Sentivo di dover crescere. Immerso in quei pensieri non avevo quasi sentito il telefono vibrare. Era un suo messaggio. La crepa era immensa ormai. Bastava una piccola spallata e tutto sarebbe crollato. Sarei rimasto nudo. La mia anima si sarebbe aperta come quando si rompe il guscio di una noce. Rompendosi avrebbe rivelato me stesso. Quel me stesso di cui lei si era innamorata e che da troppo tempo non usciva.
Come mi è stato sempre insegnato, mi allontanai un momento da questi pensieri per valutarne la grandezza e il valore.
Tutte le mie incertezze in quel momento si fecero avanti. Una per una le presi e le valutai.
Erano senza fondamento. Si sgretolarono piano piano davanti ai miei occhi umidi di pianto.
Io stavo mettendo in discussione tutto quello che avevo, dai miei amici alla persona che amavo, per delle idee senza base.
La rincorsa era iniziata.
La spallata fu secca e mi provocò in bocca un sapore acre. Come quello che rimane dopo un pianto dirotto di felicità. Avete mai sentito quella sensazione?quel sapore che rimane tra gli ultimi singhiozzi. Mi ritrovai dall'altra parte completamente inerme, senza corazza e un po' infreddolito nel buio.
Bzzzzzz....Bzzzzzz...Bzzzz....
"Pronto..."
"Ciao...come va?"
"Benino...Perdonami...per come sono stato...ora ho da raccontarti una storia..hai 5 minuti?parla di spallate e vetri...!"
"Spallate e vetri?Hai bevuto?!ihih"
"Inizio eh..."

domenica 2 marzo 2008

Capitolo 10° : Di male in peggio

"...Sempre resterai nella mia mente. Sempre. Sempre. Tu sei il mio regalo e sei per sempre...".
Antonello Venditti intonava alla radio Regali di Natale. Strano sentire una canzone così dolce arrivare alle mie orecchie nella sala d'aspetto di un dottore. La ragazzina dietro la scrivania, ammiccante come non mai al mio ingresso in studio, mimava con la bocca le parole sbagliandole tutte.
Normale amministrazione per una che a una prima analisi distratta avrà avuto si e no quoziente intellettivo -23. I quadri appesi alle pareti erano tutte stampe di opere di Modigliani. Due erano uguali. Ritraevano lo stesso soggetto. Una donna, collo lungo tipico, occhi azzurri e nient'altro. Sorrisi tra me e me pensando che assomigliavano vagamente a una mia cliente.
D'improvviso l'interfono si accese e una voce gracchiante chiamò il mio numero: 23.....23...
Mi alzai di scatto e imboccai la porta.
L'ufficio del dottore era completamente bianco. Bianche le pareti, la libreria traboccante di tomi pesantissimi, il lettino con la perenne carta assorbente tirata sopra e bianco il dottore. Pallido come un cencio e perfettamente in tinta con il camice.
Dottor Mariani specialista in malattie epatiche e grande esperto di alcolismo.
Il nome me l'aveva fornito Zoe dopo averle raccontato di come ridotto Fede.
Uno sguardo distratto da sotto gli occhiali lasciati mollemente sulla punta estrema del naso e una frase fredda e automatica "Si accomodi..prego" indicando una sedia di acciaio con i cuscini sullo schienale e sul sedile marroni.
"Grazie".
"Mi scusi che devo finire di aggiornare la cartella del paziente che ha visto uscire..nel frattempo se vuole iniziare a parlare io la ascolto..".
Quelle parole dette dal dottore mi irritarono. Come cavolo si faceva a trattare un argomento come la salute di un essere umano facendo altro? "Mi scusi dottore ma preferisco attendere che si dedichi completamente a me visto che la persona di cui stiamo parlando sta rischiando veramente di andare all'altro mondo...se non è daccordo non ci sono problemi..." e feci per alzarmi e andarmene.
Il dottore mi guardò incredulo, arrossì e mi disse "No no mi scusi...allora attenda un attimo che finisco di scrivere una riga e sono da lei..."
Dopo qualche minuto lo vidi dare un colpo ben assestato al tasto di Invio e tirare un gran sospirone. Poi con un gran sorriso si tolse gli occhiali e si diede una grattata tra i capelli sale e pepe guardandomi intensamente.
"E' un parente del soggetto?" mi disse con espressione grave.
Per la seconda volta sentii un morso acido allo stomaco. Zoe mi aveva detto di aver già mandato la cartella clinica di Fede a Mariani e di averle spiegato già chi ero e questo suo comportamento era inaccettabile per i miei nervi scossi. Stavo perdendo progressivamente una delle poche persone nella mia vita capace di stravolgere le mie convinzioni e lui trattava l'argomento con un distacco allucinante. Con uno scatto in avanti mi ritrovai in un batter d'occhio a pochi centimetri dal suo naso con il mio indice "Ascolta un po' burocrate di merda..se tu sei abituato a vedere "soggetti" che schiattano a me non tocca..Io sono la persona che ti ha presentato la dott. Rossi..ora o mi dici cosa bisogna fare per far smettere di bere Federico o ti gonfio...Hai capito bene...Federico non un soggetto qualsiasi...Fe-de-ri-co..."
Feci questo monologo d'un fiato diventando piano piano bordeaux e con gli occhi stralunati...però servì..
Il dottore si staccò un pochino dallo schienale della sua poltroncina al quale si era avvinghiato temendo il peggio e mi guardo di traverso.
"Il suo amico l'altra sera non ha bevuto solamente. Il problema è stato un cocktail di cocaina e wisky. Federico è tossicodipendente da un bel po' da quanto hanno evidenziato gli esami" dicendo questa frase mi guardo allarmato impaurito dalla mia possibile reazione a queste parole meccaniche.
Io ero impietrito. Mai e poi mai avrei pensato che Fede facesse uso di droghe. Tantomeno di coca. Senza proferir parola uscii da quello studio e me ne andai.
Quella giornata sarebbe stata lunga e faticosa. E io non ero dell'umore giusto per sentire altre cose brutte.

martedì 19 febbraio 2008

Capitolo 9° : Bere irresponsabilmente..

Dalla finestra della mia stanza si vede la luna. Nelle sere di fine estate si vede davvero bene. Il cielo limpido aiuta i pensieri a vagare fluidi nei meandri del mio cervello. Di solito la notte viene usata da tutti per dormire o magari per rimanere in "intimità" con la propria compagna/proprio compagno.
Io, prima di conoscere Zoe, la usavo per pensare. Riflettevo sulla vita, su quanto avrei dovuto fare per migliorarla e renderla più "a misura Lorenzo".
In sottofondo nella stanza, la televisione accesa ronzava ininterrotta su una trasmissione inutile. La spensi con soddisfazione per accendere lo stereo. Scelta obbligata tra due cd: rilassarmi con Jack Johnson o puntare sullo stile con Frank Sinatra? Optai per Jack Johnson. Non so perchè ma la vita che vive mi fa sognare. Forse perchè per me è una delle migliori per un essere umano. Sole, mare, Hawaii, surf e musica.
Mi lasciai cullare tra quelle note mentre andavo in cucina a mettere su l'acqua per un caffè. Mi piaceva qualche volta farmi quello americano da bere nella tazzona, magari accompagnato a una fetta di torta fatta in casa. Si da il caso che la sera prima io e Zoe ne avevamo fatta una. Quindi quale miglior momento delle 2.45 per fare uno spuntino? Quando tornai verso la stanza da letto con il vassoio, le lancette dell'orologio segnavano le 2.59.
Entrando dalla porta mi bloccai di colpo. Zoe stava dormendo a pancia in giù con i riccioli scompigliati sul cuscino. La luce della luna, che entrava dalla finestra aperta un poco dal venticello estivo di quella sera, accendeva ancora di più quella sua pelle così chiara e le forme del suo corpo risaltavano ancora di più.
Rimasi talmente catturato da quell'immagine che quasi cadevo inciampando nel tappeto. Appoggiai piano piano il vassoio sul comodino e scivolai nelle coperte, vicino al suo corpo caldo e profumato.
Era un piacere starle vicino anche solo a guardarla dormire. L'espressione era assorta e la guancia, leggermente schiacciata tra le pieghe del cuscino, donava al viso una vena di serenità straordinariamente bella.
Come succede il più delle volte in questi casi, passarono pochi minuti prima che dischiuse gli occhi guardandomi e sorridendo.
"Ciao..." dissi con una faccia sbalordita da quello che avevo davanti...
Lei mi guardò e mi disse aggrottando la fronte "ohi...ho capito che sono brutta però...o mamma che sonno.." e si lasciò ricadere mollemente sul cuscino.
"No no..al contrario..stavo guardandoti pensando a come fosse possibile creare uno spettacolo così bello in natura..."
Lei arrossì, affondò la faccia per un attimo nel cuscino ridendo e poi si tirò su sulle braccia e mi diede un bacio. La notte passò veloce e ci presentò il "conto occhiaie" al mattino Non ci voleva solo una tazza di caffè ma, viste le condizioni, una flebo intera direttamente in vena.
Lei andò al lavoro. Iniziava il turno alle 9,30 e avrebbe lavorato fino alle 13. Poi sarebbe passata dai suoi a salutarli e sarebbe tornata li anche per quella notte.
Nel mio cervello frullavano 10, 100, 1000 idee per pomeriggi da passare con lei. E la cosa che mi sconvolgeva era che fossero tutte esperienze che volevo avere con lei a fianco. Non avevo mai sentito questo desiderio. Prima con le altre ragazze era tutto diverso. Conoscenza, sesso quanto basta e per finire, la frase classica "siamo troppo diversi...mi dispiace..è finita". Al massimo c'era la voglia di stare insieme ma mai più di tanto, perchè dopo un po' gli argomenti finivano e la noia prendeva inevitabilmente il sopravvento.
Poi, per loro, era troppo impegnativo portare avanti un rapporto con una sola persona. Troppo impegnativo portare avanti un rapporto con me. Lorenzo pretendeva rispetto reciproco e attenzione per i sentimenti. Era come avere un prato verde da curare e assegnarne metà ad ognuno. Se uno non curava la sua parte, prima o poi sarebbero cresciute le erbacce o l'erba avrebbe lasciato il posto a una distesa di terra arida.
Nessuna richiesta, promessa ne giuramento, chiedevo solamente di prendersi cura della propria parte con serietà o mollare il colpo. Tutto qui. Chiedevo troppo? Dopotutto in amore se ognuno non fa un piccolo sforzo per rimanere vicino all'altro, prima o poi salta tutto. No?
Nel frattempo mi ero alzato, fatto doccia e barba, vestito e messo a leggere un libro sul balcone.
In quel momento nulla poteva rovinare questa atmosfera. domenica mattina, niente lavoro, poca gente in giro, sole..insomma..tutto perfetto.
Pi pi pi..piri pipipi..Odio il cellulare...soprattutto quando suona "Anonimo". Da quel pomeriggio in cui era stata male mia nonna, non lo sopportavo più.
Risposi. Era Fede. Dopo 5 minuti ero cavalcioni al motorino. L'aria era calda ma in motorino non dava fastidio. Anzi. Era piacevole tutto meno quanto avevo sentito dall'altra parte della cornetta.
Parcheggiai il motorino, mi tolsi il casco e citofonai. Quando arrivai sotto casa di Fede, c'era già la macchina di Clara, la sua ex. Rispose lei al citofono con la voce molto tesa. Feci le scale a due a due per fare prima mentre l'ascensore scendeva al piano terra con una signora anziana all'interno.
Il corpo di Fede, devastato dall'ennesima sbronza da rhum, era disteso sul letto e guardava il soffitto.
L'aria era rarefatta oltre che tesa ma quando andai per aprire la finestra fu proprio Fede a biascicare un "Fatti i cazzi tuoi e stai lontano da quelle finestra e poi un'altra cosa" e dicendolo si alzo sui gomiti "Tu, avvoltoio di merda e quell'altra vacca li davanti ora andatevene fuori dalle palle..." e si rimise disteso con un braccio sopra gli occhi.
Io e Clara ci guardammo per capire il da farsi.
Con un'occhiata capimmo che la pensavamo alla stessa maniera.
Dopo 10 minuti eravamo al bar di sotto. Caffè io e cioccolata lei, eravamo li esclusivamente per controllare gli spostamenti di quel relitto umano, che in questo momento avrebbe potuto fare sciocchezze a profusione.
Fede aveva iniziato a bere pesante, da quando Clara l'aveva mollato. Anche se non voleva ammetterlo, ormai era diventato un vizio.
"Ma ti ha chiamato lui?" le chiesi continuando a girare il cucchiaino nella tazzina ormai vuota.
Lei mi guardò con aria stanca e mi disse "Si..appena ho preso la linea ha iniziato a insultarmi e a dirmi che dovevo tornare con lui se no si ammazzava...insomma..mi sono anche spaventata.."
"Si ma ora secondo te cosa dobbiamo fare?". Era la terza volta dall'inizio dell'anno che si riduceva così e iniziavamo ad essere seriamente preoccupati per lui.
Chiamare i suoi genitori non ci sembrava la soluzione più giusta, anche perchè li avremmo messi in agitazione per una situazione pesante che oltretutto li avrebbe fatti soffrire maledettamente.
Lasciai Clara ad aspettare il suo nuovo fidanzato da sola e saltai in motorino.
Avevo preso una decisione. Dopotutto l'unica persona che poteva aiutare Fede ce l'avevo molto vicino.

giovedì 14 febbraio 2008

Capitolo 8° : 2000 euro

La settimana passò in fretta. 7 giorni sembrarono 2 ore. Era bella Zoe, Bello il mondo, Bella la luce, il mare e tutta quella gente che passeggiava sulla spiaggia.
Bello TUTTO. Le emozioni al posto giusto, la tenerezza quanto basta per non essere fastidiosa ne mancante..insomma..stavamo bene insieme.
Tutto di lei mi piaceva. Vi ho sentito. Non iniziate con il solito "Seeeeeeeee dai..neanche un difetto..è il colpo di fulmine che non da la possibilità di essere obiettivi"..NO..non è così..nella mia vita "avanti - Zoe" ero rimasto scottato proprio per questo.
Troppe le storie finite male perchè vissute con le fette di salame sugli occhi. Troppi i colpi bassi ricevuti da persone che non avevano scrupoli nell'usarmi e buttarmi nel cestino dell'umido subito dopo. Troppo pesante ascoltare i miei colloqui deliranti o le mie confessioni più intime. Dopotutto erano vere. E' un po' come vedere una donna con o senza trucco. Con il trucco è perfetta. Senza, scopre il fianco a una serie di imperfezioni..di piccole rughette che potrebbero lasciare deluso l'osservatore e farlo scappare. Ma perchè?
Un giorno ero in macchina e ascoltavo la radio. Canzone di cui non mi ricordo il titolo ma mi è rimasta impressa questa frase "se un giorno mi innamorassi di te ti darei il peggio di me per vedere se dopo il dolore restiamo noi". Un po' apocalittica ma molto bella. E' proprio dopo aver visto i difetti che si può decidere se una persona è giusta per se. no?
Per questo è importante non scegliere solo dalla "crosta" ma farsi guidare dalle sensazioni profonde che può dare una persona.
Un cuore vale mille volte di più di un fisico mozzafiato. Poi se ci sono tutti e due è meglio.
Con Zoe c'erano tutti e due. Decisamente. Vederla ridere era come assistere a un alba a Rio de Janeiro. Sentirla parlare e vedere le sue labbra muoversi al vento delle sue parole era uno spettacolo inestimabile. Vedere il suo corpo ondeggiare nel sole era una poesia sussurrata dolcemente all'orecchio.
E poi quando mi guardava in quel modo. Beh. Altro che campane, campanellini e angioletti. No no. Con lei le fette di salame me le ero mangiate in un sol boccone.
"Lorenzo...Lorenzo..ma mi ascolti?"
Ivan era davanti a me e, poveretto, stava cercando di comunicare con Lorenzo. Purtroppo però in quel momento Lorenzo era nella stanzetta insonorizzata del suo cervello a guardare flash di vita con Zoe. Ne uscii per rispondere al malcapitato.
"Eh..ah..si..scusa..ero un attimo..o mamma che fissa...scusami..dimmi dimmi"..
Lui mi guardò con una faccia comprensiva e mi disse "Siamo a fine estate ragazzo mio ma tu mi pare che sei rimasto alla primavera più inoltrata.." e rise mettendosi a finire i suoi lavori.
"Dai Ivan vai a casa ora" Era rimasto per una settimana da solo a gestire tutto, dalla mattina alla sera e ora all'alba delle 18,30 era ancora li per aiutarmi a finire il lavoro del giorno e chiudere le rese. Lui mi guardò enigmatico e tentò di parlare "Ma Lorenzo c'è da fare...".
"E' inutile che parli...e non guardarmi così. Sono il titolare e ti impongo di andartene. Diciamo che sono atipico. Di solito gli imprenditori veri obbligano i lavoratori a stare ore in più senza pagarli o ore in meno per non pagare gli straordinari. Facciamo che io ti pago il sacrificio che hai fatto la settimana scorsa con un piccolo extra..." e gli allungai una busta bianca gonfia di biglietti da 50 €. Il totale era 2000 €. Troppo?Direi di no. Avrei rinunciato io volentieri a qualcosa quel mese per far capire a Ivan quanto fosse importante quello che aveva fatto per me. Di solito gli davo 850€ forfait per fare 5 ore al giorno o poco meno. Aveva anche una splendida bambina, Giulia, da mantenere e quindi quel mese decisi che gli avrei dato quella piccola soddisfazione.
Lui mi guardò con gli occhi che ridevano e mi abbracciò forte. Io gli diedi una pacca sulla spalla e gli dissi "Non montarti la testa ora però, perchè è solo per questo mese..se no fallisco tra un po'..ci vediamo domani dai...scappa..".
Quando chiusi la porta mi trovai da solo con i miei pensieri. Zoe prima di tutto ma anche tutto il resto della mia vita. Mi capitano questi momenti. Molti li chiamano esami di coscienza. C'è chi sostiene che non serve farli, altri che li fanno addirittura tutte le sere prima di andare a letto e altri ancora, come me, che li fanno in momenti particolari della propria vita. Io ero in un momento particolare. Chiamiamolo "di cambiamento".
Io ero felice. Ma davvero tanto. Per molti magari talmente tanto che diventavo anche ridicolo.
Avevo sempre avuto problemi nel relazionarmi con gli altri. Stavo attento a tutti i giudizi senza prendere in esame il fatto che l'importante era quello che volevo io.
Ero io a dovermi giudicare e nessun altro.
Preso da questi discorsi mi alzai per iniziare a tirare dentro i giornali.
Era quasi buio. L'albero sul fianco dell'edicola perdeva, petalo dopo petalo, i fiorellini che erano cresciuti in primavera e quella immagine mi dava, ogni anno, un filo di tristezza. Come se con quel gesto, volesse avvisarmi che stavamo per rituffarci in quell'inverno gelido che troppe volte avevo maledetto. O meglio. Non ero proprio io a maledirlo, ma le mie mani, i miei piedi, il mio naso e le mie orecchie. Tutte parti che congelavano alla velocità della luce.
A breve sarebbe tornato e io sarei stato ricoperto da quel sottile strato di ghiaccio che solo il mese prima, assediava anche il mio cuore. Una sola differenza mi venne in mente. Appena il mio cervello focalizzò di cosa si trattava, il mio cuore prese a battere più forte. Questo perchè era appena entrata in edicola e mi sorrideva davanti. Intendo la differenza.
"Signorina mi scusi...lei cosa ci fa qui??" dissi sorridendo. Poi mi sporsi dalla finestrella di vendita e un bacio risuonò nell'aria. Zoe era li e tutto il resto passava in secondo piano.

venerdì 8 febbraio 2008

Capitolo 7° : Mare

Lo stereo acceso cantava "Are you the one?" di Peter Cincotti. Su questo swing accattivante, fischiettavo in camera da letto subito dopo la doccia.
I capelli umidi rivelavano qualche filo d'argento quasi invisibile..ma c'era. A 25 anni?? Che vergogna..
Sul letto jeans slavati e una camicia elegantina mai messa. Ma quella era un'occasione speciale. Zoe usciva dall'ospedale dopo 3 giorni di esami e lastre. Purtroppo dopo la prima lastra il medico ha preferito trattenerla perchè pareva ci fosse un'interessamento ai reni. Causa, la botta rimediata nella caduta dopo lo schiaffo di Mario...a proposito del "verme"..si da il caso che con il lavoro che faccio, qualche conoscenza non proprio raccomandabile ce l'abbia anch'io e in quel preciso istante era a fargli una "visitina". Sono sempre stato contro qualsiasi tipo di violenza ma quando ci vuole ci vuole.
Odio (e ripeto ODIO) chiunque alzi le mani su donne e bambini. Più che sugli uomini. So che non è un discorso logico perchè la violenza si potrebbe definire "uguale per tutti". Per me no. Quando sento alla televisione di donne stuprate o bambini picchiati, mi viene una rabbia addosso inimmaginabile.
Alle 9 ero già fuori casa emozionato come un bambino al primo giorno di scuola. Il motorino era parcheggiato nel cortiletto di casa. Avevo preso la macchina di mia nonna per far stare comoda Zoe, visto che aveva ancora qualche dolorino. Prima di arrivare in ospedale mi fermai in una pasticceria del centro per comprare i cannoncini. Panarello. Ne avete mai sentito parlare?E' in una traversa di V. Torino, a due passi da Duomo.
Beh..di quei cannoncini, in un week end di libertà da mia nonna, ne avevo fatti fuori mezzo kg...da solo.
Ne feci mettere 4 in un sacchettino e poi correndo ri-montai in macchina, destinazione Zoe.
Quando arrivai in stanza, era già in piedi vestita e con la borsa preparata. Un solo sguardo, un bacio appena accennato per farle coraggio e via insieme.
In macchina presi dal sedile posteriore il sacchettino con i pasticcini e glieli misi in mano.
I suoi occhi si acceserò in un'espressione stupendamente gioiosa e notai con grande piacere, che aveva una fame da lupo.
Li mangiò tutti con gusto dopo aver insistito perchè li mangiassi anche io.
No..io no potevo mangiare in quel momento. Ero troppo catturato da lei. Dal suo sguardo felice e dal pensiero di quello che stavo per fare.
La portai a casa sua un attimo per appoggiare la borsa, mettere a posto due cose e chiamare sua madre.
Poi via. Destinazione: mare.
Mi ero deciso sapendo da una collega di Zoe, che continuava a lamentarsi delle ferie che accumulava e non riusciva mai ad usare.
Il giorno prima avevo chiamato un hotel tranquillo di Laigueglia (Liguria - vicino da Alassio) per prenotare una stanza vista mare. Era un hotel gestito da un cugino di Fede, quindi trovare posto anche a inizio agosto, fu abbastanza semplice.
Zoe non sapeva nulla di nulla, ma l'antidolorifico che le avevano dato poche ore prima di dimetterla aveva fatto decisamente effetto e infatti stava dormendo come un angioletto.
Il grosso dell'esodo estivo era terminato e il viaggio passò via liscio come l'olio. In meno di 3 ore eravamo già parcheggiati davanti al mare. Quando lei aprì gli occhi e le si presentò davanti quello spettacolo rimase senza fiato. Una lacrima fece capolino da quell'occhio semi chiuso per la luce, e mi disse "Tu sei pazzo...davvero un pazzo scatenato...io devo andare al lavoro...è bellissimo tutto ma non posso rimanere..."
Alzai un indice lo posai delicatamente sulle sue labbra umide di lacrime e le dissi "Ehi...ho già fatto tutto io..tu fino a settimana prossima rimani qui con me a goderti il sole, il mare e i ristoranti della costa...sempre se ti va..insomma..non voglio obbigarti.." e le diedi un bacio.
Quando sentì quelle parole si mise a singhiozzare ancora di più e mi buttò le braccia al collo per la felicità. Io ero un vulcano di emozioni. Non riuscivo più a capire nulla. Le avevo donato felicità. E questo era quello che desideravo.
E' veramente una soddisfazione immensa per me, dare felicità alle persone a cui tengo, senza pretendere nulla e sorprendendole sempre. Questo mi portava però, a volte, ad avere anche momenti di depressione e sconforto, quando mi accorgevo che non riuscivo a raggiungere questo scopo.
"Dai..ora in camera a metterci i costumi e andiamo in spiaggia che alle 13 dobbiamo andare in un posto....2° sorpresa della giornata!!" e sorrisi.
Lei era in un palese stato confusionale da emozioni. Continuava a sorridere e riusciva a malapena a dire "si" e "no".
Preso il sole per un'oretta abbondante, ci avviammo verso Alassio con il sole alto nel cielo. La brezza che arrivava dal mare rendeva meno dura la passeggiata che ci aspettava. Zoe aveva una canottiera gialla, un copricostume arancione e un berretto coloratissimo calcato su quella massa di capelli perennemente scompigliati. Ed era felice. Brillava di quella felicità da bambina che la rendeva ancora più bella.
Arrivammo. Ristorantino con gazebo sulla spiaggia, pesce, vino e spensieratezza quanto basta per rendere quella giornata unica.
Quei sapori, i profumi e le sensazioni sarebbero rimasti intatti dentro me..lo sentivo dal profondo del cuore..sentivo quella vocina che sentono le persone che sono state colpite e affondate..troncate..a mio modo di vedere esiste davvero il colpo di fulmine. Che poi un rapporto vada costruito giorno per giorno con spensierato romanticismo ecc., siamo tutti d'accordo. In quel caso però, io ero stato davvero travolto dalla conoscenza di quella ragazza. Mi aveva ribaltato le percezioni, ogni cosa al mondo era già bella prima di lei, ma ora...
Diciamo che assumeva un sapore ancora più buono.
Il caffè amaro può piacere o non piacere. A me piace. Ma se c'è lo zucchero è meglio. Lei era lo zucchero nel caffè. La cosidetta ciliegina sulla torta.
"Mi spieghi da dove vieni?" chiese lei, guardandomi divertita.
"Sesto San Giovanni..Milano..Italy madame...perchè?"risposi..
"Ma perchè non esistono ragazzi come te..così romantici e carini..insomma..boh..sei un e.t. Di ragazzi non ne ho avuti tanti però "come te nessuno mai".."
Era bello sentirsi dire quelle parole, soprattutto per uno come me che era stato abituato in passato, a dare moltissimo senza chiedere nulla in cambio.
Vedere quelle dimostrazioni di affetto da parte di Zoe apriva un mondo nuovo. Quello della consapevolezza di avere una persona al mondo che voleva stare con me. Era incredibile. Si vedeva dai suoi gesti che mi cercava, voleva starmi vicino e voleva che io stessi vicino a lei.
Alla fine di quella settimana sia io che lei saremmo tornati alle nostre occupazioni. Un filo di tristezza a questo pensiero, si faceva strada in me, ma non più come una volta.
Prima quando la persona con cui mi frequentavo doveva andare via o non ci vedavamo con grande frequenza, ci stavo davvero male. Diventavo nervoso e perennemente alla ricerca di un minuto per noi.
Ora no. Ma non perchè fossi diventato menefreghista. Riuscivo a godere a pieno dei momenti con lei. Fino all'ultima goccia. Ero pienamente soddisfatto di Zoe, del suo modo di essere e dare attenzioni.
Senza accorgersi eravamo usciti dal ristorante e ci eravamo messi vicino a prendere il sole in spiaggia. Stando li al suo fianco non riuscivo a stare in silenzio e continuavo a tenerle la mano. E' proprio questo forse il segreto? Amarsi di fianco, guardando lo stesso orizzonte.

mercoledì 6 febbraio 2008

Capitolo 6° : Angelo ferito

Non ce n'è. Ditemi cosa c'è di meglio di comprare focaccine calde e mettersi a mangiarle su una panchina di un parco assolato?Se poi il parco è "vista Zoe" tanto meglio no?
Al mattino non lavoravo praticamente mai. Aprivo prestissimo, smistavo la merce in arrivo e intorno alle 9,30, finite le consegne a domicilio, lasciavo da solo Ivan (altro amico d'infanzia che mi aiutava) e inforcavo il mio motorino in direzione parco. Avevo preso questa abitudine dopo che mi ero reso conto che stavo sprecando i miei momenti liberi tra quattro mura oppure sotto una coperta calda. Non che mi dispiacesse a volte, abbandonarmi all'oblio stupendo che regala il sonno tanto desiderato. Diciamo che era un periodo in cui sentivo forte dentro di me lo stimolo a vivere ogni momento come se fosse l'unico disponibile.
Ed eccomi qui. Parchetto. Bambini che si rincorrevano ridendo e l'ospedale di Zoe davanti. Il sole baciava tutto e tutti, generoso come al solito. La sensazione che provavo quando mi trovavo in quelle situazioni, era di eterna felicità.
Rimanere li vicino era strano, perchè sentivo la sua presenza. Dopo la volta del caffè, ci eravamo visti ancora qualche volta sempre in edicola, prima della morte di mia nonna. Era lei che mi passava a salutare e parlavamo per ore di qualsiasi argomento.
Era bello parlare con lei perchè si passava da Shakespeare e Neruda, a problemi politici o a programmi televisivi. Quel pomeriggio avrei tanto voluto che si presentasse davanti a me con due bicchieroni di frullato alla fragola in mano, ma non successe.
Ogni secondo che passava il mio cuore era un oceano in tempesta. Mi mancava l'aria e non riuscivo a stare fermo con i piedi e le mani. Ero agitato per nulla. Solo il fatto di stare li a 100m da lei mi faceva agitare.
Che poi se ci si pensa un attimo, perchè un uomo dovrebbe agitarsi a stare vicino a una donna?Forse proprio per quella fottuta paura di sentirsi dire l'ennesimo no. Ma non da una qualsiasi che hai conosciuto per caso e ti è piaciuta...da lei. La ragazza che hai scelto, con la quale sei andato ovunque nei tuoi sogni senza riuscire mai a rivolgerle la parola dal vivo.Preso da quei pensieri non mi ero nemmeno accorto dell'orario. In quel preciso istante stava per uscire e io ormai ero deciso a farlo. Non ce la facevo a passare ancora nemmeno un'ora in quella situazione. La vidi da lontano. I riccioli che si scompigliavano nel vento, quell'aria semiseria e sognante, gli occhi un po' socchiusi per quella luce perennemente troppo forte per quegli occhi di acqua marina. Un angelo.
"ehm..ciao" dissi con una voce che rasentava il ridicolo.
"...ma cosa ci fai tu qui?ciao!"
Che ci facevo li?Volevo vedere lei cavoli.Potevo dirglielo?secondo voi?
Decisi, seguendo la mia indole, di non dirle nulla di particolarmente intelligente per farla ridere "Passavo di qui..." facendo un sorriso.
"Si dai. Di la verità. Volevi vedermi. Ora mi porti a mangiare?!" disse lei cercando di fare un'espressione seria. Mi spiazzò.
Un'ora dopo eravamo a tavola in un bar li vicino. Era un bar nuovo con un arredamento molto vintage. Mi piacciono le cose che sanno di tempi andati. Mi piace il profumo di cera per i parquet misto alla polvere. Davanti a noi due frullati giganteschi e tanta voglia di parlare.
"Magari mi rispondi Fatti i cazzi tuoi, però vorrei farti una domanda da un po' di tempo..."dissi.
"Mi pare che debba decidere io come risponderti no??"
"Ok ok..non arrabbiarti..il tuo ragazzo?nel senso mi pare un po' strano che tu non lo veda praticamente mai. Io se fossi il tuo ragazzo starei perennemente seduto su una si quelle panchette che ci sono nel parco davanti all'ospedale dove lavori, anche solo per vederti di nascosto mentre esci.."
Lei mi guardò con aria mista tra il sognante e il triste e mi disse "beh diciamo che non vedo mai il mio ragazzo perchè lavora davvero tanto..."nel frattempo una lacrima scese dispettosa dal suo occhio destro e lei si accorse che la guardavo con aria interrogativa "si beh..è da un po' che non ci sentiamo più..."
"Scusami non volevo toccare un tasto dolente..si insomma..."dissi impacciato.
"Zitto...ascoltami...io ora vado via...devo andare da mia mamma per una commissione..comunque questa sera vorrei andare al cinema..se vuoi farmi da cavaliere sarei onorata" e sorridendo fece un'inchino quasi a rafforzare il suo pensiero.
"Con vero piacere madame..cosa intende portarmi a vedere?"
"Facciamo così...è un gioco che faccio spesso con i miei amici...andiamo al cinema e ci facciamo scegliere dal film.."
"Si beh è chiarissimo" dissi incantato dalla sua dolcezza "Vai ora tranquilla...ci sentiamo per stasera allora...alle 21?"
"Ti mando un sms dopo". Poi si avvicinò e, prima di dileguarsi, mi schioccò un bacio sull'angolo della bocca.
Un arcobaleno di pensieri e parole mi vennero alla mente senza richiesta. Ero un vulcano di desideri seduto a un bar. Ma desideri da bambino. Avevo proprio voglia di comprare due o tre scatolette di plastilina e metterci a impastare e creare davanti a un gelato o semplicemente seduti in mezzo a un prato. Volevo vedere i suoi occhi brillare di felicità per le cose che faceva con me. Correvo troppo?
Il tavolino ora era semivuoto con ancora il suo bicchiere dalla parte opposta.
Mi alzai e appoggiai la mano li su quella sedia dove era rimasta seduta fino a un secondo prima. Mi capita spesso. Grazie a quel calore, mi sembra di catturare un segno di lei prima che il vento se lo porti via.
Corsi al lavoro e quel pomeriggio passò lentissimo. Senza tregua continuavo a pensare a lei e a tenere d'occhio il cellulare e l'orologio. A ogni battito di ciglia, l'occhio andava a cercare un segnale dal telefono senza successo. Chiusi presto e andai a casa a prepararmi di corsa. Alle 20 ero già vestito, profumato e con un mazzolino di tulipani gialli in mano pronto per uscire al primo suo squillo.
Chissà come sarà stata. Vestita elegante. Sportiva. Chissà se avrebbe avuto quel profumo stupendo che si portava a dietro sempre in ogni situazione.Come fate?intendo voi donne. Come fate a profumare in ogni situazione?Non sudate praticamente mai e profumate sempre. Siete sempre più un mistero. "L'omo avrà anche da puzzà", ma non mi pare il caso di mettere tutte le ghiandole sudorifare ai maschietti. Non pensa Lei che sta al piano di sopra??
Driin. Driin. Driin. OPPORCAVACCAE'LEI..."Si pronto" il cellulare per la foga aveva fatto un carpiato in aria prima di finire tra le mie mani, preso al volo per un soffio.
"Lorenzo" la voce era rotta dai singhiozzi. Era Zoe. "Cos'è successo?...Zoe?".
"E' tornato..era una furia..per me era anche ubriaco..Ora è andato via..Perfavore vieni qui..credo di avere qualcosa di rotto". Appena finito di sentire la sua frase ero già sotto casa sua. Entrai in casa e lei era seduta per terra sotto la finestra pallida e tremante. Mi resi conto fin da subito che non stava bene e un'ora dopo era già al pronto soccorso con un polso steccato e qualche cerotto. Sul comodino il mazzo di tulipani rallegravano l'atmosfera beige delle pareti e bianca delle lenzuola.
"Signore mi scusi. Ora dovrebbe andare via. E' finito l'orario delle visite". L'infermiera era in piedi davanti a me e pareva fosse seduta davanti a un palo della luce. "Va bene..mi lasci solo un minuto per salutarla". Con una faccia da compatire colossale, si allontanò sbuffando e mi ritrovai da solo con Zoe.
Lei da quando eravamo arrivati non aveva ancora alzato lo sguardo dal lembo della sua vestaglia. Aveva disegnati degli orsetti di tutti i colori.
"Come stai?" le chiesi
Lei sembrò come svegliarsi dal torpore e mi disse "Mi fa male il polso..per il resto va malissimo..non me lo sarei mai aspettato da Gianni". Gianni era il suo fidanzato. Uomo d'affari che stava più con gli aerei che lo trasportavano a destra e a manca per l'Europa che con la propria compagna. Sembrava che qualcuno ci avesse visti al bar durante il nostro pranzo e lui avesse perso il lume della ragione. Era entrato in casa come una furia e le aveva dato uno schiaffo molto forte dopo averla strattonata per il polso con cattiveria.
"Lo devi denunciare ora..Zoe sto parlando con te..mi ascolti?" mi avvicinai e le diedi una carezza sul viso.
Lei a quel punto non disse una parola. Sembrammo due calamite attratte l'uno verso l'altra nello stesso attimo e arrivò il bacio. Morbido, caldo e leggero. Praticamente stupendo. "Signore sto per chiamare la sicurezza" l'infermiera era ancora sulla porta. Passandole accanto dopo aver dato l'ultimo bacio di corsa a Zoe, mi avvicinai, la guardai dritta negli occhi e dissi "Sono davvero fin troppo contento in questo momento per abbassarmi a mandarla affanculo...quindi le augurerò solo buona serata".
La lasciai di sasso ancora appoggiata alla porta a godersi, senza saperlo, la vista di quell'angelo ferito che stava facendo breccia nel mio cuore.

sabato 2 febbraio 2008

Capitolo 5° : Dare e avere

Ore 10.35. Guardai l'orologio da parete che arredava da solo casa mia. Il ticchettio dell'acqua di quel maledetto rubinetto da riparare alternato a quello della macchinetta del caffè, mi stava rendendo claustrofobico, ma non riuscivo a muovermi da li.
Accovacciato per terra tra la tazza del water e il bidè con la testa all'indietro sulle piastrelle ghiacciate che tappezzavano il bagno, stavo bene. Mi sentivo protetto.
Occhi perennemente rossi da lacrime che non erano abituate a solcare quelle lande solitamente aride, facevano da contorno a un espressione sgomenta di infelicità.
Quell'infelicità pregna di ricordi che ti spaccano il cuore. Non credevo di stare così male per la morte di mia nonna. Avevo già pensato a questa situazione e, com'ero solito fare in queste situazioni, avevo fatto la vaccata di immaginare le mie reazioni e i miei gesti.
Mi ero visto forte e senza un briciolo di dolore e invece ora ero piccolo e distrutto.
Per giorni Fede aveva tentato di contattarmi senza successo. Il cellulare dopo quella maledetta mattina, non era stato più caricato e piano piano si era spento. Anche lui.
Nella mente frammenti di ricordi confusi andavano a braccetto con quella sensazione di perenne ansia e tristezza che mi assaliva quando ero depresso.
Ricordi su ricordi.
La prima volta che mia nonna si sedette vicino a me, quando andavo da pochi giorni a scuola, con una penna in mano spiegandomi la posizione giusta per non stancarmi e per scrivere meglio.
Oppure quando preparammo per la prima volta insieme una torta. Quel pomeriggio era ancora vivo dentro di me. I profumi di burro e zucchero, i sapori di pasta frolla ancora da cuocere che puntualmente, contro il suo volere, rubavo dal panetto appena impastato per fare la base.
E poi la bacinella del ripieno. In quella ciotola ho lasciato tanti di quei centimetri di dita a continuare a tirar su i rimasugli e ciucciare quel nettare prelibato.
La sera c'era sempre il rito della preghiera, recitata insieme, con quella sensazione indimenticabile in bocca. Non avete mai provato? Non so se era la mia fantasia o magari un po' di sano integralismo religioso fanciullesco. Sta di fatto che all'epoca quando mi trovavo sotto le coperte e la nonna recitava con me "l'angelo di Dio", sulle labbra sentivo fortissimo un sapore di pane caldo appena sfornato.
La goccia continuava a martellarmi la testa e decisi che forse, andare fuori a prendere un po' d'aria, non mi avrebbe fatto che bene.
Oltretutto iniziavo a sentire un po' di fame: erano 2 giorni che non mangiavo niente a parte un pacchettino di pavesini mandato giù a forza poche ore prima.
Mi alzai con le gambe doloranti e la schiena a pezzi, mi diedi una lavata rapida alla faccia, infilai le prime scarpe che trovai vicino all'ingresso e uscii.
L'aria era calda e puzzava di città.
Milano d'agosto non mi piace neanche un po'. Avevo dovuto rinunciare a tutto il viaggio in America e anche Fede, per starmi vicino, aveva fatto lo stesso.
A proposito eccolo qui.
"Ohi ma dove cazzo eri finito? ero preoccupato marcio..come stai?" disse con una faccia stralunata.
"E come sto?da Dio guarda..." e tirai dritto senza guardarlo nemmeno.
E' un mio difetto. Quando mi trovo in queste situazioni reagisco chiudendomi dentro me stesso.
Pochissime persone sono riuscite, con una pazienza da sante, a penetrare quella mia cortina di dolore e tristezza.
"Ascolta Lorenzo è ora di fartene una ragione. Tua nonna aveva 80 anni. Non dico fosse vecchia e nemmeno che sia facile. Dopotutto anche il modo in cui se n'è andata non rende più facile la situazione. Però tu ora devi cercare di guardare avanti.."
Mi fermai di botto e tornai indietro guardandolo negli occhi "La fai facile tu" gli dissi "tu hai tutto vero?mamma, papà, nonni, nipoti e parenti vari sparsi per il mondo. E io?Io cos'ho?Oh già..ora la nonna sicuramente nel testamento mi avrà lasciato la casa e la sua vecchia 500 del '73, ma quando alla sera metterò il chiavistello alla porta di casa, mettitelo nella zucca, io sarò solo."
Quelle parole risuonarono per la strada come se fossimo stati in uno di quegli hangar dell'aeronautica. Nessuno si girò. A Milano l'indifferenza è di casa e in questi casi ringrazio il cielo che sia così. Fede con un espressione delusa dipinta sul volto, si girò e fece per andarsene.
"No fermo..scusami...davvero..non volevo dirti quelle cose..tu non c'entri nulla..il fatto è che sono già stato lasciato solo dai miei una volta ed ero piccolo. Ora questa è la seconda.Insomma. Ho paura di non farcela."
"Lorenzo. Tu sei in grado di cavartela perfettamente da solo. Sei indipendente, hai un lavoro in proprio, una casa, una macchina e degli amici che ti vogliono bene e sono disposti a starti vicino. Cerca di basare la tua riscossa su queste cose. Lascia andare il ricordo di tua nonna. Lascialo libero di volare. Starai meglio tu e starà meglio anche lei. Pensi che lei ti avrebbe voluto vedere in questo stato?"
"No..lei in questo momento mi avrebbe solamente abbracciato e mi avrebbe detto di metterci davanti a una tazza di cioccolata a parlare...a proposito..quando hanno chiamato dall'ospedale, era una dottoressa che parlava..."
"Eh..che è successo?" mi disse lui incuriosito da quel mio cambio di discorso.
"Indovina un po' chi era?"
"Beh..guardando il tuo sorrisetto enigmatico immagino che fosse qualcuno che non mi aspetterei mai...vediamo vediamo.."
A volte la vita ci riserva queste sorprese. Un momento prima ti toglie la persona più importante della tua vita presente e un momento dopo ti presenta il conto. E che sorpresa scoprire che dopotutto tra il dare e l'avere i conti tornano sempre al millesimo.
Era Zoe. Non avevo mai capito cosa facesse nella vita. Non avevo neanche mai capito il perchè dopo quella volta in edicola, non l'avevo più cercata ne voluta vedere.
O meglio. Il perchè lo sapevo. Quando qualcuno si dichiara occupato io non vado avanti. Nel senso che ci sarebbero state tante opzioni in quel caso. Avrei potuto far finta di non interessarmi ed essere amico, ma l'avrei presa in giro e sarei stato malissimo. Avrei potuto dichiararmi lo stesso ma sarebbe stato un suicidio e, imbranato come sono, come minimo lei sarebbe scoppiata in una risata fragorosa.No no. Non ho le palle per fare tutto questo. L'alunno ha le potenzialità ma non si impegna. Quante idee avevo in mente per corteggiare una donna e quante volte avevo staccato la spina proprio mentre iniziavo metterle in atto. Tutto per paura di disturbare. Paura di fare troppo o troppo poco. Paura di soffrire per un rifiuto di un essere che per me era già importante solo per essere entrato a far parte dei miei sogni.
E' un po' complesso l'universo Lorenzo. Lo dico con molta ironia. Non sono mai stato uno del tutto normale.O forse, scusate il pizzico di presunzione, lo sono troppo per questo mondo.
Quella maledetta mattina quando arrivai paonazzo all'ingresso dell'ospedale, un'infermiera di cera mi indicò gli ascensori emettendo solamente due suoni "Quarto piano".
Entrando in reparto mi venne subito incontro lei. Lo stupore del vederla li davanti a me in camice bianco mi fece entrare in un clima surreale.
Avevo il magone per la situazione in cui mi trovavo ma nello stesso tempo il mio cuore esultava perchè ero a meno di 1 metro da lei.
Le parole furono poche e mal gestite da parte mia. Ero sconvolto e devastato psicologicamente dalla sua telefonata di pochi minuti prima.
Quando firmai le ultime carte relative al decesso di mia nonna Agnese, Zoe era li a fianco e sentivo molto forte, la sua partecipazione emotiva al mio dolore.
Raccontando queste cose a Fede mi resi conto di quanto mi faceva piacere averla avuta vicino in quel momento.
La strada per la felicità era davanti a me. Lunga, stretta, piena di buche e insidie ma era li. L'unica cosa da fare ora era prendere quel poco di stima in me stesso che avevo, aggiungerci un po' di sicurezza e muovere un passo dietro l'altro. Magari partendo proprio da Zoe.

giovedì 31 gennaio 2008

Capitolo 4° : Morte di luglio

"Ma porcaccia vacca..passarla prima no?".
Elio prese palla e si diresse verso canestro. Non sono mai stato un campione ma l'altezza la so usare abbastanza bene.
Con un gesto che aveva ben poco dell'atletico e molto di più del "Mobilificio Aiazzone", cercai di fermarlo con scarsi risultati.
Ciuf. Canestro. 20 a 19 per loro.
"Loro" sono Elio e Beppe (all'anagrafe Giuseppe) amici d'infanzia che tengo giusto per queste occasioni.
Con me, in squadra, c'è Fede. Ora starete sicuramente pensando "Come fa uno che pesa 115 kg a giocare a pallacanestro?"Beh lui è il palo. Nel senso che sta fermo in una posizione ottima per concludere (ha un tiro micidiale soprattutto da 3) ma anche per difendere.
A dispetto della stazza, è molto rapido nei movimenti e riesce a sbilanciare spesso gli avversari solo con un gesto del capo.
Io come dicevo, non sono sicuramente Michael Jordan. Anzi. Queste partitelle le facevo più per tenere in allenamento quel fisico da "spiga" che mi era venuto dopo l'adolescienza che per altri motivi astrusi.
"Fede porca puttana passala prima..non puoi farmi arrivare sotto l'uomo e poi passarmela..la prendon loro...Dai...su....urca bella..ooopp...".
Dopo 16 tentativi, ero riuscito anche io a segnare due punti in entrata. Su di me difendeva Beppe. Lui era entrato a far parte delle nostre partitelle da poco. Veniva sempre al campetto quando giocava con noi Ale (altro amico d'infanzia che aveva smesso per problemi a un ginocchio) e stava li a guardarci giocare per ore.
Non ero mai riuscito a capire bene il perchè fosse così "attratto" da 4 "cassapanche con le mani" come noi.
Comunque parlava poco e giocava abbastanza bene e questo bastava per noi.
"Ultimo canestro che devo andare io" dissi consegnando la palla a Elio.
Lui guardò Beppe con aria furba e disse "Te capì uè...il bamba deve andare...in dùe té vé?"
"Devo andare a finire di preparare la valigia...sai...domani qualcuno dovrebbe saperlo che parto...o no?Cacchio te l'ho detto 48 volte che vado in America ricordi?"
Mentre dicevo questa frase avevamo iniziato l'ultimo scambio. Anche se era una partitella tra amici, l'agonismo faceva capolino dal cassettino della passione rimasto semi aperto nel mio cervello.
Non giocavo mai a risparmio io. Giocavo al meglio delle mie possibilità. Sempre. Quindi anche quella volta non volevo lasciare sul campo una pizza scommessa un'ora prima. La sorte comunque mi giocò lo scherzetto di scivolare sul piede d'appoggio e lasciare un'autostrada a Elio che comodo comodo andò a segnare.Persa.
Dopo le partite stavamo sempre un po' li a chiacchierare del più e del meno e anche se avevo fretta, mi regalai una mezz'ora di parlata fitta con quei tre balordi(in senso affettuoso).
"La valigia ce l'hai pronta tu?mi raccomando porta le carte di credito che io non ho moltissimo sul conto..non potrei mai pagarti da mangiare per 3 settimane..poi a te..con tutto quello che rumini.."
Fede si mise a ridere e mi disse "Tranquillo...al massimo mangio te...tanto due metri di uomo mi sfameranno no?"
D'un tratto un cellulare suonò. Era il mio. Lo tenevo sempre sulla vibrazione meno quando giocavo. Mia nonna ultimamente non stava granchè bene. Niente di grave, qualche dolore dell'età e giramenti di testa la tenevano, anche per giorni, a letto senza potersi alzare.
Sul display lampeggiava la parola "Anonimo". Rapido lancio della monetina tra rispondo o non rispondo. Tasto sul verde e...
"SI, pronto"
"Buongiorno Sig. Ravalli?"
"Si sono io..chi parla?"
"Sono la dottoressa Mandelli dell'ospedale di Sesto San Giovanni...si tratta di sua nonna...devo chiederle di venire urgentemente qui da noi al reparto TU TU TU TU TU..."
Ero già in macchina. Con il cuore in gola accesi il motore. Mi sentivo come in un silos di cotone idrofilo. Completamente ovattato dall'adrenalina, spaventato com'ero dal fatto di rimanere...solo.
Solo come quella maledetta mattina quando mia nonna mi svegliò con gli occhi gonfi di lacrime e mi disse: "Ora io e te dovremo stare per un po' di tempo insieme...mamma e papà sono dovuti partire per un viaggio molto lungo...".
Mentre sfrecciavo a 90 all'ora per quelle viette strette mia nonna entrava in coma. Il giorno dopo, alle 9,35, sarebbe morta e con lei gran parte della mia vita presente e passata.

martedì 29 gennaio 2008

Capitolo 3° : Pianto di bambino

Mi piace veramente parecchio il lavoro che faccio.
Non è esattamente il lavoro più normale per un ragazzo di 25 anni oggi come oggi ma mi ha appassionato dal primo momento.
Ho imparato da uno di quegli edicolanti vecchio stampo con il berrettino sempre calcato sulla testa e l'immancabile gillet imbottito blu.
La frase che più mi ha fatto ridere e che vi fa capire la filosofia di noi giornalai è stata "Davide ricorda sempre che i giochi e le riviste da bambini devono essere ad altezza PIANTO DI BAMBINO, così le mamme impazziscono e comprano". Naturalmente questa unità di misura non è nient'altro che quella che va dai loro occhi (circa mezzo metro) a terra. Fantastico.
Mentre nel mondo si parla di stock option e vendite azionarie da milioni di euro, è incredibile pensare che la nostra categoria basa ancora tutto sulla dialettica e sulla fiducia.
Duro lavoro il nostro, però quante soddisfazioni. Vedere l'alba tutte le mattine, cappuccino e brioche calde ed essere responsabili dello scandire delle giornate. Si perchè alcuni miei clienti non mettono nemmeno la sveglia. Sanno perfettamente che quando sentono le saracinesche alzarsi sono le 5.30. So che per un impiegato sempre ricurvo sulla propria scrivania al caldo e con tutti i comfort è difficile da capire. Come può fare un ragazzo ad amare un lavoro nel quale stai fuori al gelo d'inverno e al caldo d'estate a piegare giornali? Sono sicuro che se provassero per un po' capirebbero tutto. C'è un non so chè di spirituale. Si riflette tantissimo e devo dire che andando alla velocità della luce per tutto a Milano, è bello rintanarsi di tanto in tanto nei propri pensieri mentre le mani vanno da sole.
In effetti in quel periodo era da un po' che non riuscivo a ritagliarmi dello spazio libero per avere abitudini. Avete presente proprio quei piccoli gesti che molti fanno meccanicamente ogni mattina?ecco..farsi la barba o una doccia era diventato più un obbligo morale che un piacere.
Purtroppo il lavoro scarseggiava e mi ero dovuto inventare altre vie per guadagnare qualcosa.
Mi ero buttato a vendere giocattoli e palloni e visto che la mia zona era frequentata molto da ragazzi e bambini, riuscivo a compensare. Era un pomeriggio interminabile. Un lunedì per la precisione. Al mattino ero passato dall'agenzia di viaggi a ritirare i biglietti perchè ormai eravamo a una settimana dalla partenza. In fissa sull'espositore dei giornali, stavo studiando il movimento delle pagine del "Neue Zurch" nel venticello allegro che mi stava accompagnando quel giorno. Con Zoe non ci si era più sentiti dopo quelle poche parole sul blog. Pochissimo tempo mio e probabilmente i suoi studi, essendo poco prima delle ferie, le rubavano anche il suo.
Chissà cosa stava facendo in quel preciso istante. Era bello immaginarsela nella propria mente.
"Caffè?".
Vediamo se riesco a spiegarmi.
Quando mi capitano queste cose è un po' difficile far capire alla gente quello che provo.
Avete presente un fuoco d'artificio che esplode in tante piccole lucine colorate nel cielo? Poi piano piano sale fino alla gola, chiude i rubinetti della salivazione e mette un laccio intorno alle corde vocali.
Perfetto. Il cielo in cui è esploso il fuoco d'artificio era il mio stomaco e tutto il resto erano esattamente le sensazioni che si successero subito dopo.
Lei era li davanti. Come lei chi?Zoe. Oltretutto non era sola. In mano c'erano due bicchieri di carta che presumo contenessero caffè. Il cuore mi balzò in petto e le mani iniziarono a sudare ma naturalmente mi imposi di apparire tranquillo.
"Ciao" dissi con enfasi esagerata. Troppo esagerata. "ma cosa combini?perchè sei qui?". (cosa cavolo le vai a chiedere queste cose?boh..avevo il cervello in pappa)
"Nulla di particolare.Sono venuta in centro per fare un giro. Dovrei guardare per delle giacche ma non so bene come farò. Odio andare per negozi. Odio entrare e sentirmi lo sguardo dei commessi sulle spalle. Insomma. Come vedi non sono del tutto normale!"
"Beh non è vero. Per me è esattamente la stessa cosa. Figurati che non compro più nulla per me da circa 6 mesi per questo motivo. Prima o poi dovrò ricominciare a girare perchè i miei jeans gridano vendetta"
Ora ero più tranquillo. Diciamo che l'impatto iniziale è traumatico ma poi mi rilasso e prendo a parlare tranquillamente.
La feci entrare. L'edicola non è molto grande ma almeno ha l'aria condizionata. Così al fresco, sorseggiando caffè, avevo avuto il mio primo incontro con la donna che aveva popolato i miei sogni negli ultimi due giorni.
Incredibile. Pensare che nella mia vita di donne ne ho avuto poche e negli ultimissimi anni.
Ero un po' alternativo rispetto agli altri. Sono stato e rimango bambino ancora oggi con una pausa di adolescenza di circa 2 annetti alle superiori.
Ho sempre pensato molto a giocare a divertirmi con il pallone tra i piedi mentre tutti i miei amichetti giocavano con altre cose...si insomma avete capito...il tempo delle mele è proprio quello no?le prime toccatine fugaci sopra la maglietta. Per passare sotto bisogna aspettare un pochino e conoscerci meglio. I primi baci che se venivano trascinati dalla passione diventavano "limonate".
E poi quelle estati eterne con il sapore di Goleador e di tutti i ghiaccioli al limone che divoravo, l'erba che ogni volta mi sporcava i pantaloncini e mia mamma che alle 19 mi chiamava dal balcone per la cena.
Quante risate, quanti pensieri per il rientro a scuola, quanti amori rinchiusi dentro di se per troppa vergogna o troppo purdore. Ora però guardandomi indietro sono contentissimo di come sia andata. Sono sempre stato tardo con le donne ma non mi lamento. Dopotutto rimango attaccato a tutti quei riti di corteggiamento, che gli uomini di mondo non fanno più.
Dopo un'oretta buona che parlavamo gli argomenti finirono e ringraziai il Signore che ci fu un po' di movimento di clienti, in modo da rompere l'imbarazzo che si stava creando.
Lei era veramente bellissima. Gli occhi (li avevo guardati subito appena entrata) erano azzurro-verde acqua con pagliuzze gialle. E' veramente difficile definirli.
Incredibili forse è l'aggettivo più azzeccato. Ma poi era tutto il contesto che era stupefacente. Era proprio bella tutta. Dentro e fuori.
"Scusami se sono piombata qui così, ma dopo quel commento sul blog ho avuto 2 esami in fila e non mi sono più interessata al mondo in genere. Figurati che non vedo il mio ragazzo da allora!"
Il fuoco d'artificio in quel momento ritornò dentro al bossolo, i lacci strinsero ancora di più le corde vocali, la salivazione si fece stile "Sahara addio" e si aggiunse una nuova sensazione: la corona di spine che ormai da tempo cingeva il mio cuoricino martoriato, strinse la sua morsa fino a farlo quasi scoppiare.
Il mio cervello diventò come una scatola vuota. Il mio stomaco si capovolse e non volle più saperne di inglobare cibo.
Mi ritrovai un'ora dopo da solo in edicola a guardare ancora quel Neue Zurch che non voleva saperne di fermare le sue pagine che svolazzavano nel vento.
Lei se n'era andata. Non mi ricordavo nemmeno più se l'avevo salutata o altro. Non mi ricordavo più nulla. La delusione, la tristezza e la depressione, andavano in giro a braccetto dentro di me deridendo il mio cuore ormai spezzato.
Stento a credere ancora oggi di essere riuscito a farmi prendere in quel modo da Zoe.
Comunque ormai non era più tempo di stare li a rimuginare. Come una scolaresca di ragazzini indisciplinati, i miei quotidiani stavano per essere stretti in pacchi pesantissimi per le rese delle sera.
L'esperienza del passato per quanto riguarda l'amore, aveva fatto diventare Lorenzo, un essere quasi del tutto impermeabile alle emozioni e alle speranze.
Queste ultime continuavano a vivere nel mio cuore, ma facevo in fretta a riprendermi dopo una delusione dopotutto. Era già capitato che mi interessasse una ragazza che poi si rivelava impegnata e me ne ero fatto una ragione in poco tempo.
Quando tirai giù la saracinesca però, in quella sera di fine luglio, una lacrima solcò la mia guancia.

sabato 26 gennaio 2008

Capitolo 2° : La cacca

Per almeno 2 giorni buoni dopo l'incontro, Zoe si mise ad abitare seriamente i miei pensieri.
La vedevo quando mi alzavo al mattino, la incontravo nei miei sogni ad occhi aperti, tra una consegna e la colazione e mi veniva a sconvolgere il pomeriggio con i suoi occhi.
I suoi occhi.
Li avevo visti di sfuggita ma erano di un azzurro impressionante. Di quelli che devono dare fastidio fastidio nelle giornate di sole intenso.
Ogni volta che incontro una ragazza carina mi piace immaginarmi la sua vita, i suoi gesti e le sue manie nel quotidiano e con Zoe era stato lo stesso.
Nel frattempo la vita scorreva lenta e si intravedevano ormai le vacanze all'orizzonte.
Quell'anno io e Fede avevamo organizzato un viaggio allucinante in America. Milano - New York. Visita di 2 o 3 giorni alla città, capatina a Niagara Falls poi aereo fino a Las Vegas. Soggiorno di una settimana circa per visitare i parchi nazionali, la Death Valley ecc ecc. Per finire l'ultima settimana saremmo andati sulla costa pacifica a San Francisco. Tutto come si suo dire "on the road".
Insomma il tutto sembrava un sogno. Non avevo mai fatto nulla di simile prima d'ora. Ero abituato a passare le ferie in completa tranquillità e la nonna mi faceva fare la tipica vita del bambino milanese in villeggiatura.
Alzata presto, spalmatina di crema tattica in modo da non diventare color aragosta appena esposti al sole, corsa al posteggio vicino alla spiaggia (la nonna guidava) e poi trapanamento di maroni finale per 8 ore seduto o disteso in spiaggia. Scusate il termine colorito ma non ho mai potuto soffrire il fatto di rimanere fermo in spiaggia a far nulla.
Si perchè poi...le prime ore riesci a farle passare con un libro, ascolti la musica, vai a fare il bagnetto e mangi qualcosina..ma le altre 5 ore cosa fai?sono quelle tipiche situazioni in cui guardi l'orologio e sono le 10 e due ore dopo lo riguardi e sono le 10.03.
Non era la mia vacanza preferita ma devo dire che con la mia nonnina ho sempre mangiato divinamente. Prodotti tipici, frutta e verdura fresca di stagione e qualsiasi altra cosa presente alla voce "buono" nel dizionario dei "Ravalli".
Unico grosso problema per le ferie in genere era il "cambio di bagno".
Ho sempre invidiato tantissimo chi riesce a adattarsi immediatamente a un bagno che non è il suo. Sarà una cosa psicologica o sarà anche che la stitichezza è una vecchia amica di famiglia, ma io proprio non ce la faccio. Devono passare almeno un paio di giorni prima di riuscire ad ambietarmi, rilassarmi e fare il tutto.
Dopotutto le questioni di cacca sono sempre delicate.
Figuratevi che tutte le volte che incontro una ragazza che mi piace e magari ci parlo anche solo per un attimo, devo recarmi subito nelle stanze preposte allo smaltimento. Ma attacchi fulminanti di quelli che nemmeno un tappo potrebbe nulla.
Infatti stavo anche pensando di organizzare incontri con ragazze interessanti appena arrivato al mare. Avrei risolto il problema.
A parte tutto questo "inconveniente" mi era capitato anche con Zoe. Puntuale come un orologio svizzero, dopo una mezz'oretta che ero andato a casa, mi trovavo seduto sulla tazza.
Proprio in quell'istante però mi resi conto che i due giorni passati a farmi film su possibilità di incontri con lei e altro, erano stati solamente buttati via.
Io e lei non ci conoscevamo. Non sapevo ne che vita faceva, ne se mi piaceva caratterialmente. Non conoscevo i suoi pensieri e le sue passioni. Magari era una di quelle tantissime ragazze vuote che si trovano andando in centro a Milano il sabato pomeriggio. Mai provato?Ecco..se volete partecipare a una puntata di "Uomini e donne" di Maria DeFilippi come spettatori, andate sul corso Vittorio Emanuele intorno alle 16. Si insomma..quei ragazzi ai quali se chiedi qual'è il loro più grande desiderio, ti rispondono masticando la cicca "la pace del mondo"...che poi non ho mai capito se intendono "la pace NEL mondo" oppure proprio la fine del mondo. Bah. Oltre tutti questi problemini che penso ormai siano comuni in tutte le persone del pianeta, io ho sempre avuto un blocco totale con le ragazze. Faccio molta fatica a rompere il ghiaccio.
Partendo da tutti questi presupposti (a dire il vero un po' pessimistici), proprio quella sera mi sono autoconvinto che non potevo lasciarmi prendere in quel modo da una perfetta sconosciuta.
Appena finito di "evaquare" e messo il bollitore sul fuoco, accesi il pc.
Anche quella è un'altra passione. Quante ore passate davanti quello schermo minuscolo e quanti tasti passati sotto i miei polpastrelli.
Collegandomi a internet mi resi conto che era arrivato un nuovo commento sul mio blog. Lo tenevo da circa 2 anni e mi permetteva di sfogare tutte le emozioni, paure e problemi che a volte mi capitavano. Diciamo che come nel 900 si usava scrivere un diario segreto, io ora tenevo questo blog.
La differenza è che il blog rimane disponibile alla lettura per tutti.
Devo dire che il mio blog era abbastanza seguito e aveva dei lettori affezionati. Mi piaceva moltissimo avere delle persone sconosciute che apprezzavano i miei scritti. Aggiornavo di continuo e arricchivo con testi di canzoni, poesie e riflessioni mie su vari argomenti.
Ricevevo spesso commenti da parte di questi utenti della rete, che mi esprimevano le loro sensazioni e le loro idee. Il mio soprannome o nickname che dir si voglia era "lori82".
10 minuti dopo aver letto il commento ero ancora davanti al video a rileggere quelle tre righe di testo.
Incredibile pensare che così poche parole possano cambiare il corso delle cose.
"Ciao Lori82..ho saputo da Clara che tenevi un blog e ho voluto scriverti per scusarmi ancora per l'incidente dell'altra sera alla festa..qualche volta verrò a leggerti d'ora in poi.Ciao ciao". Firmato PetZOE87.

martedì 22 gennaio 2008

Capitolo 1° : Milano

"AH AH AH AH...sei veramente un pirla va" dissi guardandolo.
Con quel suo faccione simpatico, Federico mi stava davanti, soddisfatto dal risultato della sua battuta.
Federico. 1.90 di uomo per 115 kg di morbidezza. Avete presente l'omino Michelin...ops...non posso fare pubblicità. Va beh...non lo dite a nessuno...shhht..
Dicevo che Federico è morbido. Ma in tutti i sensi, sia dentro che fuori.
Ci conosciamo da circa 10 anni ed è sempre stato per me l'Amico. Si..quello con la A maiuscola. Quello per il quale mi staccherei la testa dal collo o correrei da una parte all'altra della città. Insomma: lui è il mio migliore amico.
Ci siamo conosciuti a scuola. I primi tempi non ci calcolavamo di striscio, io ero troppo occupato a rincorrere ragazze che non mi guardavano e lui dai suoi libri sempre in mano.
Poi l'amicizia è nata da quando quella volta lui mi ha guardato durante il compito in classe. Era uno di quei compiti di matematica nei quali ti sembra di essere tra l'incudine e il martello: leggi il primo esercizio e non lo sai fare, come d'altra parte il secondo e il terzo e il quarto..insomma..ero una capra in matematica!In quell'istante i miei occhi (supplicanti) e i suoi (sicuri e tranquillissimi) si sono incontrati e lui senza pensarci ha preso quel microbo di pezzettino di carta e si è messo a scrivere tutte le soluzioni.
Basta. Era mio amico. Solo per quello mica per altro. All'inizio infatti attiravo la sua attenzione al bisbiglio di "Passala a Fede" (intendendo "la domanda che non sapevi").
Bei tempi. I primi bacini, le ragazze che iniziavano ad avere coscienza del fascino magnetico che esercitavano su noi piccoli e tonti maschietti.
Quegli anni tra l'adolescienza e l'età semi-adulta che tutti gli adulti chiamavano "età della stupidera".
Poi il tempo ci ha giocato degli scherzetti divertenti. Ci ha divisi alle medie e ci ha fatto trovare per uno strano scherzo del destino, in 3° superiore, quando il sottoscritto è stato cambiato di sezione dopo aver avuto un "piccolo" scambio di vedute con un professore.
Bel caratterino eh?Oh..ma che sbadato non mi sono nemmeno presentato. Mi chiamo Lorenzo. All'anagrafe Lorenzo Ravalli nato a Milano il 14/04/1982 da papà Enrico e mamma Luigia.
Pochissime le storie da raccontare della mia infanzia, a parte che sono rimasto orfano praticamente subito dopo la nascita. I miei sono morti in un incidente stradale proprio quando stavano per venirmi a prendere all'ospedale.
Da allora ho convissuto con mia nonna Agnese, 82 anni di splendida milanese contornati da capelli d’argento e occhi turchesi.
A le devo tutto quello che so e quello che diventerò con il passare del tempo.Grazie a lei ho conosciuto l’andare delle stagioni, il sibilio del vento d’inverno e il calore del sole estivo.
Grazie a lei ho avuto la libertà di sbagliare e recuperare, cadere e rialzarmi e soprattutto grazie a lei ho queste due maniglie antipanico ai lati della pancia.
Ai cannelloni di mia nonna mancava solamente la parola ve lo posso garantire.
Non pensiamoci perché se no mi prende la voglia.
In questo momento la mia vita sta subendo uno stravolgimento totale perché da pochi giorni ho iniziato il “trasloco” nella MIA casa.
Si si..proprio mia.
Mia nonna è indipendente e ha accettato di lasciarmi andare e poi sono davvero molto vicino dalla casa di via Broletto dove abita la mia "vecchietta".
Ho comprato un sottotetto in via Moscova, pieno centro di Milano e mutuo millenario da pagare, ma ne vale assolutamente la pena.
E’ un buco..arredarlo sarà molto..ehm..divertente e dispendioso..però è li che mi sentirò davvero un re.
Solo a pensare a quanto ho aspettato questo momento mi viene un groppo in gola. Quante volte ho sognato di svegliarmi la mattina per andare al lavoro e vedere le luci della notte fuori dalla finestrina.
E poi i gesti tipici dell’indipendenza: dover far andare la lavatrice, la lavastoviglie, spolverare qua e la e poi stirare..insomma..mi mancava il fatto di dovermi prendere la responsabilità di me stesso completamente sulle mie spalle.
Finchè sono stato a casa con mia nonna era lei che badava a me, con manicaretti da favola, camice sempre stirate e pulitissime e letto perennemente perfetto.
Ora invece avrei dovuto fare tutto da solo.
Oltretutto facendo il giornalaio di mestiere, non ho molto tempo da dedicare/mi quindi sarà tutto un pochino più difficile. Ma ce la farò!
E’ proprio grazie all’edicola che ho ripreso i rapporti con Fede dopo 1 annetto buono che non ci vedavamo.
Avevo appena comprato la mia edicola in corso Garibaldi e un bel giorno me lo sono visto comparire davanti. E’ stato molto bello sentirsi dire che era venuto per sapere come stavo e se mi andava di cenare insieme.Da li è ripartita quella nostra amicizia che dura ancora oggi e che, tutto sommato, non aveva mai smesso di esistere.
In questo momento eravamo seduti su una della panchine che ci sono a lato del mio chioschetto. Alle 19 il corso diventa bellissimo. La luce del sole al tramonto fa diventare le case bicolori, arancio il tetto e il resto grigio come sempre, dando un effetto molto affascinante.
Il cielo prende tutti i colori possibili e la gente gira curiosa tra i negozi a vedere le offerte.
Mi piace stare qui fuori a prendere il fresco soprattutto in questo periodo dell'anno (luglio) dove si inizia ad appiccicare.
Dopo quella risata fragorosa di colpo scese il silenzio.
Era appena finita la storia tra Fede e Clara e stavo cercando di aiutarlo a superare la "depressione" che apparentemente stava vivendo. Era pallido e sempre contratto.
Oltretutto era finita malissimo dopo averla scoperta a letto con Luigi, il panettiere. Sembrava di essere in uno di quei comuni di provincia. Il macellaio che quando va a consegnare nelle case tradisce la moglie con la ragazza del fratello del cugino..insomma..un "rebelotto"..
Ma dopotutto Garibaldi è un po' così. Un piccolo paese nella grande metropoli.
Non gli parlavo mai di lei ma in quel caso mi sono sentito di affrontare di petto la situazione "Con Clara?" gli chiesi.
Lui mi guardò facendo spallucce e con una serenità forzata mi disse "Guarda..a dirti la verità dopo quello che mi ha fatto, non penso di volerla vedere per il resto della mia vita..Ha tradito la mia fiducia e questo è ciò che le ho sempre chiesto di non fare...ha fatto la sua scelta..." poi si girò di scatto verso di me, si accovacciò con la mole da orso incrociando i gamboni e disse "hai presente quando piove e sali in macchina?sul cofano si sono tante goccioline che rappresentano le conoscenze che hai nella tua vita.
Durante la marcia, a seconda della strada che scegli, alcune goccioline cadranno e altre verrano messe ancora più al centro del cofano.
Nella vita è la stessa cosa. Quando fai una scelta alcune persone tendono ad avvicinarsi a te e altre inevitabilmente si allontanano perchè non la condividono o perchè tu non li includi. Sta alla persona che subisce questo "ostracismo" saperlo metabolizzare al meglio. Io sto metabolizzando la fiducia tradita da una persona di cui mi fidavo ciecamente"
Inevitabilmente rimasi senza parole e lo guardai inebetito mentre si accendeva l'ennesima sigaretta. Aveva ragione. Bisogna saper prendere con filosofia qualsiasi avvenimento della vita.
Io non ero mai stato capace. Ed era proprio per questo che in questo momento ero da solo. Il momento era un po' lunghetto in verità perchè erano ormai 2 anni che non volevo (e sottolineo il volevo) avere rapporti d'amore. In edicola di ragazze ne passavano e ad alcune si vedeva che piacevo, però era dentro di me il problema.
Ero io che non sapevo amare per paura di soffrire. E' un ragionamento un po' incriccato e difficile.
Quando io amo, dono "Lorenzo" alla persona che ho davanti.
Mi apro totalmente, ogni forma di affetto e dimostrazione di passione viene resa visibile in tutto e per tutto all'altra. Quando però le donne vengono ricoperte di attenzioni sembra che anneghino in un mare di infelicità. Almeno io parlo della mia esperienza di vita.
Donne. Quell'arcano stupendo intorno al quale gira tutto il mondo. Difficilissimo trovare quella giusta e ancora più difficile che lei ti trovi giusto per se.
In quel momento il mio cellulare prese a squillare. Era Clara. Da qualche tempo aveva preso me come un confessore, quando probabilmente aveva assoluto bisogno di un esorcista. Dopo la fine della storia con Fede si era data alla pazza gioia cambiando nel giro di pochissimo ben 5 ragazzi. Cosa faccio?rispondo o no?alla fine presi la linea facendo segni inimmaginabili a quel poveretto di Fede che rimane solo a finire la sigaretta con lo sguardo assente.
"Ohi..ma è possibile che solo quando ho davanti il tuo ex tu ti fai sentire?" dissi a bassa voce.
Una risata scosse il cellulare e Clara esordì "Devi assolutamente venire da me questa sera. Do una festa e dovrebbero venire anche un po' di mie amiche e amici compreso Luca" Luca era il fidanzato di Clara per la fascia che andava dalle 20 alle 4 del mattino, poi montava di turno Marco fino alle 13 e poi Alberto fino alle 20. Che ragazza piena di impegni eh?
"No no..dai..domani lavoro non posso Cla..assolutamente no..non è che puoi chiamarmi tutte le volte alle 19 porca vacca..dammi un po' di preavviso..!"
Come sempre in questi casi 2 ore dopo ero immerso nella musica con in mano un Cuba Libre. Almeno era buona musica. Qualche pezzo di Vinicio Capossela, un buon Miles Davis live..insomma..le mie orecchie godevano.
Da solo li immerso tra due cuscinoni enormi di una poltrona, mi resi conto che non c'era nessuno di interessante come immaginavo. Un'altra sera buttata tra quattro mura.
D'un tratto però, successe uno di quei fatti che fanno svoltare tutto.
Immaginate la sensazione che si prova a ricevere una secchiata d'acqua ghiacciata in mezzo alle gambe. A parte i normali effetti collaterali tipo scomparsa dei gioielli di famiglia e altri spiacevoli inconvenienti, sono letteralmente saltato sul divano.
Ed è proprio stato in quel momento che l'ho vista.
Zoe. 20 anni, 1,80 di occhi azzurri e capelli mossi tagliati corti. Non cortissimi. Corti. Di quella lunghezza giusta per coprire delle orecchie da sempre ritenute troppo "a sventola".
Tutte queste cose le ho scoperte dopo, perchè in quel preciso istante quell'angelo caduto dal cielo mi disse solo "IEPAAA..scusa gringo..scappo".
Il tasso alcolico della festa era vertiginoso. A dire la verità tutte le feste che faceva Clara, finivano sempre così.
Il trenino umano a cui era attaccata Zoe si dileguò e io rimasi li con il sorriso ebete sul divano a guardare nel vuoto dove fino a pochi secondi prima era il suo viso.
Gli ammenicoli ormai erano pressochè inesistenti e ghiacciati, ma il cuore aveva avuto un sussulto.
Rimasi li ancora per una mezz'ora buona e poi piegai la serata e la misi nel cesto di quelle già usate.
Già pronta sul comodino ce n'era una nuova nuova.

Introduzione

Questo è un esperimento.
Spiego brevemente la filosofia che mi muove.
Piano piano, nei momenti liberi da lavoro e impegni vari, vorrei portare avanti la scrittura di un vero e proprio libro.
I post saranno capitoli e il titolo del romanzo sarà "Memorie di un edicolante in triciclo".
Grazie mille a te caro lettore o semplice passante perchè stai rendendo possibile, con la tua attenzione per questo esperimento, il realizzarsi di un mio sogno: scrivere.
Andiamo a incominciar...