sabato 2 febbraio 2008

Capitolo 5° : Dare e avere

Ore 10.35. Guardai l'orologio da parete che arredava da solo casa mia. Il ticchettio dell'acqua di quel maledetto rubinetto da riparare alternato a quello della macchinetta del caffè, mi stava rendendo claustrofobico, ma non riuscivo a muovermi da li.
Accovacciato per terra tra la tazza del water e il bidè con la testa all'indietro sulle piastrelle ghiacciate che tappezzavano il bagno, stavo bene. Mi sentivo protetto.
Occhi perennemente rossi da lacrime che non erano abituate a solcare quelle lande solitamente aride, facevano da contorno a un espressione sgomenta di infelicità.
Quell'infelicità pregna di ricordi che ti spaccano il cuore. Non credevo di stare così male per la morte di mia nonna. Avevo già pensato a questa situazione e, com'ero solito fare in queste situazioni, avevo fatto la vaccata di immaginare le mie reazioni e i miei gesti.
Mi ero visto forte e senza un briciolo di dolore e invece ora ero piccolo e distrutto.
Per giorni Fede aveva tentato di contattarmi senza successo. Il cellulare dopo quella maledetta mattina, non era stato più caricato e piano piano si era spento. Anche lui.
Nella mente frammenti di ricordi confusi andavano a braccetto con quella sensazione di perenne ansia e tristezza che mi assaliva quando ero depresso.
Ricordi su ricordi.
La prima volta che mia nonna si sedette vicino a me, quando andavo da pochi giorni a scuola, con una penna in mano spiegandomi la posizione giusta per non stancarmi e per scrivere meglio.
Oppure quando preparammo per la prima volta insieme una torta. Quel pomeriggio era ancora vivo dentro di me. I profumi di burro e zucchero, i sapori di pasta frolla ancora da cuocere che puntualmente, contro il suo volere, rubavo dal panetto appena impastato per fare la base.
E poi la bacinella del ripieno. In quella ciotola ho lasciato tanti di quei centimetri di dita a continuare a tirar su i rimasugli e ciucciare quel nettare prelibato.
La sera c'era sempre il rito della preghiera, recitata insieme, con quella sensazione indimenticabile in bocca. Non avete mai provato? Non so se era la mia fantasia o magari un po' di sano integralismo religioso fanciullesco. Sta di fatto che all'epoca quando mi trovavo sotto le coperte e la nonna recitava con me "l'angelo di Dio", sulle labbra sentivo fortissimo un sapore di pane caldo appena sfornato.
La goccia continuava a martellarmi la testa e decisi che forse, andare fuori a prendere un po' d'aria, non mi avrebbe fatto che bene.
Oltretutto iniziavo a sentire un po' di fame: erano 2 giorni che non mangiavo niente a parte un pacchettino di pavesini mandato giù a forza poche ore prima.
Mi alzai con le gambe doloranti e la schiena a pezzi, mi diedi una lavata rapida alla faccia, infilai le prime scarpe che trovai vicino all'ingresso e uscii.
L'aria era calda e puzzava di città.
Milano d'agosto non mi piace neanche un po'. Avevo dovuto rinunciare a tutto il viaggio in America e anche Fede, per starmi vicino, aveva fatto lo stesso.
A proposito eccolo qui.
"Ohi ma dove cazzo eri finito? ero preoccupato marcio..come stai?" disse con una faccia stralunata.
"E come sto?da Dio guarda..." e tirai dritto senza guardarlo nemmeno.
E' un mio difetto. Quando mi trovo in queste situazioni reagisco chiudendomi dentro me stesso.
Pochissime persone sono riuscite, con una pazienza da sante, a penetrare quella mia cortina di dolore e tristezza.
"Ascolta Lorenzo è ora di fartene una ragione. Tua nonna aveva 80 anni. Non dico fosse vecchia e nemmeno che sia facile. Dopotutto anche il modo in cui se n'è andata non rende più facile la situazione. Però tu ora devi cercare di guardare avanti.."
Mi fermai di botto e tornai indietro guardandolo negli occhi "La fai facile tu" gli dissi "tu hai tutto vero?mamma, papà, nonni, nipoti e parenti vari sparsi per il mondo. E io?Io cos'ho?Oh già..ora la nonna sicuramente nel testamento mi avrà lasciato la casa e la sua vecchia 500 del '73, ma quando alla sera metterò il chiavistello alla porta di casa, mettitelo nella zucca, io sarò solo."
Quelle parole risuonarono per la strada come se fossimo stati in uno di quegli hangar dell'aeronautica. Nessuno si girò. A Milano l'indifferenza è di casa e in questi casi ringrazio il cielo che sia così. Fede con un espressione delusa dipinta sul volto, si girò e fece per andarsene.
"No fermo..scusami...davvero..non volevo dirti quelle cose..tu non c'entri nulla..il fatto è che sono già stato lasciato solo dai miei una volta ed ero piccolo. Ora questa è la seconda.Insomma. Ho paura di non farcela."
"Lorenzo. Tu sei in grado di cavartela perfettamente da solo. Sei indipendente, hai un lavoro in proprio, una casa, una macchina e degli amici che ti vogliono bene e sono disposti a starti vicino. Cerca di basare la tua riscossa su queste cose. Lascia andare il ricordo di tua nonna. Lascialo libero di volare. Starai meglio tu e starà meglio anche lei. Pensi che lei ti avrebbe voluto vedere in questo stato?"
"No..lei in questo momento mi avrebbe solamente abbracciato e mi avrebbe detto di metterci davanti a una tazza di cioccolata a parlare...a proposito..quando hanno chiamato dall'ospedale, era una dottoressa che parlava..."
"Eh..che è successo?" mi disse lui incuriosito da quel mio cambio di discorso.
"Indovina un po' chi era?"
"Beh..guardando il tuo sorrisetto enigmatico immagino che fosse qualcuno che non mi aspetterei mai...vediamo vediamo.."
A volte la vita ci riserva queste sorprese. Un momento prima ti toglie la persona più importante della tua vita presente e un momento dopo ti presenta il conto. E che sorpresa scoprire che dopotutto tra il dare e l'avere i conti tornano sempre al millesimo.
Era Zoe. Non avevo mai capito cosa facesse nella vita. Non avevo neanche mai capito il perchè dopo quella volta in edicola, non l'avevo più cercata ne voluta vedere.
O meglio. Il perchè lo sapevo. Quando qualcuno si dichiara occupato io non vado avanti. Nel senso che ci sarebbero state tante opzioni in quel caso. Avrei potuto far finta di non interessarmi ed essere amico, ma l'avrei presa in giro e sarei stato malissimo. Avrei potuto dichiararmi lo stesso ma sarebbe stato un suicidio e, imbranato come sono, come minimo lei sarebbe scoppiata in una risata fragorosa.No no. Non ho le palle per fare tutto questo. L'alunno ha le potenzialità ma non si impegna. Quante idee avevo in mente per corteggiare una donna e quante volte avevo staccato la spina proprio mentre iniziavo metterle in atto. Tutto per paura di disturbare. Paura di fare troppo o troppo poco. Paura di soffrire per un rifiuto di un essere che per me era già importante solo per essere entrato a far parte dei miei sogni.
E' un po' complesso l'universo Lorenzo. Lo dico con molta ironia. Non sono mai stato uno del tutto normale.O forse, scusate il pizzico di presunzione, lo sono troppo per questo mondo.
Quella maledetta mattina quando arrivai paonazzo all'ingresso dell'ospedale, un'infermiera di cera mi indicò gli ascensori emettendo solamente due suoni "Quarto piano".
Entrando in reparto mi venne subito incontro lei. Lo stupore del vederla li davanti a me in camice bianco mi fece entrare in un clima surreale.
Avevo il magone per la situazione in cui mi trovavo ma nello stesso tempo il mio cuore esultava perchè ero a meno di 1 metro da lei.
Le parole furono poche e mal gestite da parte mia. Ero sconvolto e devastato psicologicamente dalla sua telefonata di pochi minuti prima.
Quando firmai le ultime carte relative al decesso di mia nonna Agnese, Zoe era li a fianco e sentivo molto forte, la sua partecipazione emotiva al mio dolore.
Raccontando queste cose a Fede mi resi conto di quanto mi faceva piacere averla avuta vicino in quel momento.
La strada per la felicità era davanti a me. Lunga, stretta, piena di buche e insidie ma era li. L'unica cosa da fare ora era prendere quel poco di stima in me stesso che avevo, aggiungerci un po' di sicurezza e muovere un passo dietro l'altro. Magari partendo proprio da Zoe.

Nessun commento: