mercoledì 6 febbraio 2008

Capitolo 6° : Angelo ferito

Non ce n'è. Ditemi cosa c'è di meglio di comprare focaccine calde e mettersi a mangiarle su una panchina di un parco assolato?Se poi il parco è "vista Zoe" tanto meglio no?
Al mattino non lavoravo praticamente mai. Aprivo prestissimo, smistavo la merce in arrivo e intorno alle 9,30, finite le consegne a domicilio, lasciavo da solo Ivan (altro amico d'infanzia che mi aiutava) e inforcavo il mio motorino in direzione parco. Avevo preso questa abitudine dopo che mi ero reso conto che stavo sprecando i miei momenti liberi tra quattro mura oppure sotto una coperta calda. Non che mi dispiacesse a volte, abbandonarmi all'oblio stupendo che regala il sonno tanto desiderato. Diciamo che era un periodo in cui sentivo forte dentro di me lo stimolo a vivere ogni momento come se fosse l'unico disponibile.
Ed eccomi qui. Parchetto. Bambini che si rincorrevano ridendo e l'ospedale di Zoe davanti. Il sole baciava tutto e tutti, generoso come al solito. La sensazione che provavo quando mi trovavo in quelle situazioni, era di eterna felicità.
Rimanere li vicino era strano, perchè sentivo la sua presenza. Dopo la volta del caffè, ci eravamo visti ancora qualche volta sempre in edicola, prima della morte di mia nonna. Era lei che mi passava a salutare e parlavamo per ore di qualsiasi argomento.
Era bello parlare con lei perchè si passava da Shakespeare e Neruda, a problemi politici o a programmi televisivi. Quel pomeriggio avrei tanto voluto che si presentasse davanti a me con due bicchieroni di frullato alla fragola in mano, ma non successe.
Ogni secondo che passava il mio cuore era un oceano in tempesta. Mi mancava l'aria e non riuscivo a stare fermo con i piedi e le mani. Ero agitato per nulla. Solo il fatto di stare li a 100m da lei mi faceva agitare.
Che poi se ci si pensa un attimo, perchè un uomo dovrebbe agitarsi a stare vicino a una donna?Forse proprio per quella fottuta paura di sentirsi dire l'ennesimo no. Ma non da una qualsiasi che hai conosciuto per caso e ti è piaciuta...da lei. La ragazza che hai scelto, con la quale sei andato ovunque nei tuoi sogni senza riuscire mai a rivolgerle la parola dal vivo.Preso da quei pensieri non mi ero nemmeno accorto dell'orario. In quel preciso istante stava per uscire e io ormai ero deciso a farlo. Non ce la facevo a passare ancora nemmeno un'ora in quella situazione. La vidi da lontano. I riccioli che si scompigliavano nel vento, quell'aria semiseria e sognante, gli occhi un po' socchiusi per quella luce perennemente troppo forte per quegli occhi di acqua marina. Un angelo.
"ehm..ciao" dissi con una voce che rasentava il ridicolo.
"...ma cosa ci fai tu qui?ciao!"
Che ci facevo li?Volevo vedere lei cavoli.Potevo dirglielo?secondo voi?
Decisi, seguendo la mia indole, di non dirle nulla di particolarmente intelligente per farla ridere "Passavo di qui..." facendo un sorriso.
"Si dai. Di la verità. Volevi vedermi. Ora mi porti a mangiare?!" disse lei cercando di fare un'espressione seria. Mi spiazzò.
Un'ora dopo eravamo a tavola in un bar li vicino. Era un bar nuovo con un arredamento molto vintage. Mi piacciono le cose che sanno di tempi andati. Mi piace il profumo di cera per i parquet misto alla polvere. Davanti a noi due frullati giganteschi e tanta voglia di parlare.
"Magari mi rispondi Fatti i cazzi tuoi, però vorrei farti una domanda da un po' di tempo..."dissi.
"Mi pare che debba decidere io come risponderti no??"
"Ok ok..non arrabbiarti..il tuo ragazzo?nel senso mi pare un po' strano che tu non lo veda praticamente mai. Io se fossi il tuo ragazzo starei perennemente seduto su una si quelle panchette che ci sono nel parco davanti all'ospedale dove lavori, anche solo per vederti di nascosto mentre esci.."
Lei mi guardò con aria mista tra il sognante e il triste e mi disse "beh diciamo che non vedo mai il mio ragazzo perchè lavora davvero tanto..."nel frattempo una lacrima scese dispettosa dal suo occhio destro e lei si accorse che la guardavo con aria interrogativa "si beh..è da un po' che non ci sentiamo più..."
"Scusami non volevo toccare un tasto dolente..si insomma..."dissi impacciato.
"Zitto...ascoltami...io ora vado via...devo andare da mia mamma per una commissione..comunque questa sera vorrei andare al cinema..se vuoi farmi da cavaliere sarei onorata" e sorridendo fece un'inchino quasi a rafforzare il suo pensiero.
"Con vero piacere madame..cosa intende portarmi a vedere?"
"Facciamo così...è un gioco che faccio spesso con i miei amici...andiamo al cinema e ci facciamo scegliere dal film.."
"Si beh è chiarissimo" dissi incantato dalla sua dolcezza "Vai ora tranquilla...ci sentiamo per stasera allora...alle 21?"
"Ti mando un sms dopo". Poi si avvicinò e, prima di dileguarsi, mi schioccò un bacio sull'angolo della bocca.
Un arcobaleno di pensieri e parole mi vennero alla mente senza richiesta. Ero un vulcano di desideri seduto a un bar. Ma desideri da bambino. Avevo proprio voglia di comprare due o tre scatolette di plastilina e metterci a impastare e creare davanti a un gelato o semplicemente seduti in mezzo a un prato. Volevo vedere i suoi occhi brillare di felicità per le cose che faceva con me. Correvo troppo?
Il tavolino ora era semivuoto con ancora il suo bicchiere dalla parte opposta.
Mi alzai e appoggiai la mano li su quella sedia dove era rimasta seduta fino a un secondo prima. Mi capita spesso. Grazie a quel calore, mi sembra di catturare un segno di lei prima che il vento se lo porti via.
Corsi al lavoro e quel pomeriggio passò lentissimo. Senza tregua continuavo a pensare a lei e a tenere d'occhio il cellulare e l'orologio. A ogni battito di ciglia, l'occhio andava a cercare un segnale dal telefono senza successo. Chiusi presto e andai a casa a prepararmi di corsa. Alle 20 ero già vestito, profumato e con un mazzolino di tulipani gialli in mano pronto per uscire al primo suo squillo.
Chissà come sarà stata. Vestita elegante. Sportiva. Chissà se avrebbe avuto quel profumo stupendo che si portava a dietro sempre in ogni situazione.Come fate?intendo voi donne. Come fate a profumare in ogni situazione?Non sudate praticamente mai e profumate sempre. Siete sempre più un mistero. "L'omo avrà anche da puzzà", ma non mi pare il caso di mettere tutte le ghiandole sudorifare ai maschietti. Non pensa Lei che sta al piano di sopra??
Driin. Driin. Driin. OPPORCAVACCAE'LEI..."Si pronto" il cellulare per la foga aveva fatto un carpiato in aria prima di finire tra le mie mani, preso al volo per un soffio.
"Lorenzo" la voce era rotta dai singhiozzi. Era Zoe. "Cos'è successo?...Zoe?".
"E' tornato..era una furia..per me era anche ubriaco..Ora è andato via..Perfavore vieni qui..credo di avere qualcosa di rotto". Appena finito di sentire la sua frase ero già sotto casa sua. Entrai in casa e lei era seduta per terra sotto la finestra pallida e tremante. Mi resi conto fin da subito che non stava bene e un'ora dopo era già al pronto soccorso con un polso steccato e qualche cerotto. Sul comodino il mazzo di tulipani rallegravano l'atmosfera beige delle pareti e bianca delle lenzuola.
"Signore mi scusi. Ora dovrebbe andare via. E' finito l'orario delle visite". L'infermiera era in piedi davanti a me e pareva fosse seduta davanti a un palo della luce. "Va bene..mi lasci solo un minuto per salutarla". Con una faccia da compatire colossale, si allontanò sbuffando e mi ritrovai da solo con Zoe.
Lei da quando eravamo arrivati non aveva ancora alzato lo sguardo dal lembo della sua vestaglia. Aveva disegnati degli orsetti di tutti i colori.
"Come stai?" le chiesi
Lei sembrò come svegliarsi dal torpore e mi disse "Mi fa male il polso..per il resto va malissimo..non me lo sarei mai aspettato da Gianni". Gianni era il suo fidanzato. Uomo d'affari che stava più con gli aerei che lo trasportavano a destra e a manca per l'Europa che con la propria compagna. Sembrava che qualcuno ci avesse visti al bar durante il nostro pranzo e lui avesse perso il lume della ragione. Era entrato in casa come una furia e le aveva dato uno schiaffo molto forte dopo averla strattonata per il polso con cattiveria.
"Lo devi denunciare ora..Zoe sto parlando con te..mi ascolti?" mi avvicinai e le diedi una carezza sul viso.
Lei a quel punto non disse una parola. Sembrammo due calamite attratte l'uno verso l'altra nello stesso attimo e arrivò il bacio. Morbido, caldo e leggero. Praticamente stupendo. "Signore sto per chiamare la sicurezza" l'infermiera era ancora sulla porta. Passandole accanto dopo aver dato l'ultimo bacio di corsa a Zoe, mi avvicinai, la guardai dritta negli occhi e dissi "Sono davvero fin troppo contento in questo momento per abbassarmi a mandarla affanculo...quindi le augurerò solo buona serata".
La lasciai di sasso ancora appoggiata alla porta a godersi, senza saperlo, la vista di quell'angelo ferito che stava facendo breccia nel mio cuore.

1 commento:

ANIMAL PRIDE ha detto...

proprio carino.
dolce e sognante.