sabato 4 luglio 2009

Capitolo 13°: Unhappy meal

Il bello di quando finisce una storia d'amore è che ti senti soffocato dalla libertà.
E' paradossale. In quel periodo soffrivo come un cane senza alcun dubbio e il mio ultimo pensiero era il sesso femminile.
Però percepivo quella sensazione di briglia sciolta che rende leggeri.
Non ero mai stato controllato da Zoe ne disturbato dalle sue telefonate o improvvisate, ma il fatto di essere single portava risvolti incredibili.
Per 1 mese circa, almeno 2 volte a settimane andai a mangiare da McDonald's. Io ho sempre odiato gli hamburger e le patatine di quel posto. Anche solo l'odore che usciva da quelle cucine foderate di ragazzi dagli occhi senza stimolo, mi nauseava e deprimeva.
In quei giorni no.
Mi sedevo a un tavolino negli orari meno battuti (dalle 9.30 alle 11.30) e la scelta era sempre tra:
- colazione con caffè americano e ciambella
- pranzo con hamburger, patatine e una bibita fresca
Anche solo quel farmi male senza motivo, mi faceva sentire completo...vivo.
In un periodo in cui la mia vita aveva preso troppa velocità per tenerne il controllo, mi sembrava di riuscire quantomeno a rallentare un po'.
Non era molto, lo so, ma era qualcosa e già questo mi aiutava.
Mi ritrovavo davanti a una parete ripida da scalare con pochissimi appigli e me li dovevo giocare bene per non rischiare di cadere a terra.
Il tempo passava rapido senza che io me ne accorgessi perchè avevo perso totalmente il contatto con la realtà che stavo vivendo.
Il negozio aveva ripreso ad incassare bene e gli affari andavano a gonfie vele.
Avevo tanti progetti nella testa ma era come se sopra tutti questi, ci fosse una cappa di nuvoloni neri che non lasciava entrare luce.
Senza luce è difficile far crescere i progetti o anche solo vederli.
Fortunatamente arrivò in mio soccorso Federico.
Avevo scelto una quindicina di giorni ad agosto per starmene a casa e fare qualche lavoretto rimandato da troppo tempo. Avrei dovuto dare una imbiancata qua e là e fare il grosso delle pulizie che durante l'anno erano rese difficili dal tempo, sempre strettissimo.
Sapevo che sarebbe stato un lavoro immane ma ero convinto che mi sarebbe servito per non rimanere fermo a pensare.
Si perchè erano gli spazi bianchi a fregarmi.
Un dolore, una delusione o comunque una qualsiasi fase della vita che viviamo in maniera negativa, esiste grazie agli "spazi bianchi" che ce la fanno vedere...come le parole esistono perchè esistono le pause piuttosto che la musica rispetto al silenzio.
E' importante che quei momenti vengano affrontati, fatti decantare dentro di noi...
Il tempo aiuta a far passare tutti i mali che siano fisici o dell'anima o del cuore.
"Dai prendi su quattro cose e buttale in borsa che partiamo per un week end. Al tuo ritorno le cose non saranno peggiorate, avrai sicuramente meno tempo ma ti sarai risposato di più..."
Fede era intento a farsi un panino con quel poco che c'era in frigo.
Lo scrutai da dietro lo schermo del computer e gli dissi "Oh si...certo...io prendo vado, torno, disfo e forco come meglio credo...non ho degli obblighi...posso chiedere le ferie e andarmene vero??" il tono era sarcastico ma sapevo che se gliel'avessi chiesto, Ivan mi avrebbe sostituito per un paio di giorni...aveva bisogno di lavorare e qualche straordinario gli faceva sicuramente comodo...
Poi il fatto di andare via per qualche giorno avrebbe aiutato anche Fede a riprendersi dal periodo duro che stava passando.
Aveva iniziato una terapia per la disintossicazione in una comunità della periferia di Milano.
Era dura avere a che fare con altre persone che avevano i suoi stessi problemi per motivazioni molto più gravi delle sue.
Più di una volta, infatti, mi aveva confessato di essersi sentito uno stupido a conciarsi così per una storia d'amore finita quando li c'erano casi limite incredibili...da pelle d'oca.
Così il giorno dopo, senza sapere ancora bene se stessi facendo bene o male, mi ritrovai sulla mini di Federico in direzione di un posto ancora ignoto (ho sperato per tutto il viaggio lo fosse solo per me, vista la difficoltà a trovar la strada che aveva quel povero ragazzo) con un piccolo bagaglio concreto e un grandissimo bagaglio di pensieri e sensazioni, che ancora oggi non riesco bene a descrivere.

venerdì 26 giugno 2009

Capitolo 12°: Scacco al cuore

Tutto era naufragato.
Dopotutto la vita è così. Un giorno sei felice, completato da una persona che pensi/credi con tutto te stesso che ti ami e ti rispetti e il giorno dopo ti ritrovi solo in un'auto a correre per strade sconosciute.
Senza un motivo apparente.
E' una sensazione che ho provato tantissime volte e con Zoe era successo ancora.
Incredibile. Per la prima volta nella mia vita ero stato sicuro di quello che potevo dare e di quello che stavo prendendo. Come un contadino assorto nel suo lavoro, coglievo i frutti di quell'amore che avevo sognato da troppo tempo e che piano piano si erano rivelati a volte marci e a volte immaturi.
Quella sera non verrà mai più cancellata dalla mia memoria.
Come al solito ero in vena di sorprese e mi ero messo in testa di portarla a cenare fuori per festeggiare. Non era una ricorrenza particolare. Non era un anniversario ne altro. Era solo una celebrazione di quanto era importante per me in quel momento. Lei. Odio la ricorrenza pre-determinata. Si intuisce?
Quella sera tornai a casa da lavoro con una sensazione strana nello stomaco. A posteriori dico che era il sesto senso che mi perseguita. Quel senso che pizzica...come l'uomo ragno quando si trova in pericolo.
Lo stomaco mi si contorceva. E tutto perchè, dentro me, sapevo perfettamente che stava accadendo qualcosa, senza capirne il motivo.
Il regalo consisteva (viste le mie finanze ristrettissime) in una cenetta a lume di candela. Tutto qui? Il seguito sarebbe stato un viaggio a Varenna per stappare una bottiglia di spumante in riva al lago.
Si...tutto qui...niente di particolare quindi. Era bello però fare il tutto con lei.
Ci sono dei momenti in cui ti trovi talmente bene con qualcuno, che vorresti fare tutto con lui.
Dove tutti i propri "vorrei" sono legati indissolubilmente a una figura. E' inutile prendersi in giro con frasi del tipo "è importante l'individualità della persona"
Attenzione. Non che non sia daccordo sul fatto che è fondamentale crearsi una propria individualità a prescindere da chi ci stia accanto. Ma qui si sta parlando di un'altra cosa.
Di quel desiderio di vedere come reagisce il proprio partner (odio questa parola però ho dovuto usarla per non fare ripetizioni), alle diverse situazioni della vita. Anche solo prendere tra coltello e forchetta un'oliva e vederla partire, volteggiando tra i tavoli di un ristorante, diventa un'occasione unica per conoscerci e innamorarsi.
Rinnovare quel sentimento che fa da cemento tra due persone.
Quando arrivai sotto casa sua avvenne il pa-ta-trak.
Uno sguardo fugace, più verso un punto indefinito alle mie spalle, che alla mia figura e una frase poco più che sussurrata"Dobbiamo parlare"
In un solo momento tutti i miei sogni e le mie convinzioni erano fuggite via.
Quel muro di sicurezza, quella coltre di calore che avevo racimolato in poco più di 6 mesi di rapporto, era crollata senza alcuna difficoltà sotto quella mazzata.
Seduto ora davanti a quel volante che girava a dx e a sx senza senso, non sapevo più cosa volessi. Chi ero?
Cosa avrei dovuto fare?
Tornando per un attimo nel mondo reale, mi accorsi che ero arrivato nella zona di Montevecchia.
Ero fermo ad un semaforo e le nuvole in cielo facevano da cornice a un sole che ormai era prossimo alla linea dell'orizzonte. O meglio...delle montagne..E' praticamente impossibile vedere, per chi abita in città, i tramonti che hanno la fortuna di vedere gli abitanti di paesini arroccati sul mare.
E io ora avevo bisogno di quello. Avevo bisogno di un'immagine di fusione per consolare la mia anima strappata. Come fare?
Innestai la prima e iniziai la salita verso il solito parcheggio che porta, dopo una passeggiata di 5 minuti a piedi, al punto più alto della collina. Era l'unico modo.
Nel frattempo mi rintanai ancora tra i miei pensieri. Solo li mi sentivo protetto, senza dolore, come anestetizzato dal pensiero stesso di quel motivo, che ancora cercavo e apparentemente non c'era.
Nel frattempo la strada scorreva veloce sotto di me e il sole era diventato solo un riflesso rosso che incendiava l'immensità azzurrina del cielo.
Poche rondini si attardavano a svolazzare qua e là sopra le macchine parcheggiate ai lati della strada.
Mi ritrovai in un baleno a fare la scalinata finale.
Il fiatone iniziò a crescere mentre, gradino dopo gradino cresceva la mia disperazione.
Avevo spesso questi momenti che somigliavano più alla reazione per la morte di una persona cara piuttosto che a quello che stavo realmente vivendo.
Ero svuotato, mi sentivo inutile...non sapevo davvero darmi tregua...avevo speso 6 mesi di sussurri, speranze, sentimento e profondità, in una persona che aveva spazzato via tutto in un attimo.
Forse era proprio morto qualcosa dentro me....una parte del mio cuore.

martedì 23 giugno 2009

Ritornare...

Se aspettavo ancora un po', le pagine di questo "e-book" già di per se ingiallite, si sarebbero sgretolate senza ritegno.
Eccomi qui.
Tornato da Dado's Pages (mio blog ufficiale) per cercare di dare un senso compiuto alla storia tra Lorenzo e Zoe.
Ci provo, senza pretendere di scrivere un best seller...solo qualche sensazione che passa e lascia brividi e segni indelebili dentro me.
Mi pare che qualcuno scrivesse "Il mio amore addosso come una bestia nuda"...mi pare nella mia immensa ignoranza che fosse Eluard...come una bestia nuda...e come tale lascia segni, brividi e può fare anche carezze....
Vediamo cosa combinerà questa bestia nelle prossime pagine.

martedì 16 settembre 2008

L'ora X è arrivata...

Ci siamo..penso di essere arrivato al momento X...

Da oggi inizierò la revisione totale e la correzione della bozza che avete letto qui sotto...con i vostri suggerimenti e dimostrazioni di apprezzamento mi avete dato la forza necessaria per mettermi in ballo...e ora inizio a ballare...
I primi passi saranno impacciati e indecisi..poi piano piano spero di diventare sempre più bravo...
Colgo l'occasione per ringraziarvi tutti...
Let's write now...

lunedì 21 aprile 2008

Capitolo 11°: Mosca cieca

Era veramente un periodo pessimo.
A parte la situazione con Fede, con Zoe il rapporto era arrivato a un punto importante.
Una di quelle situazioni che fanno capire se la persona che hai accanto è giusta per te.
Il fatto di non essere ancora capace di dare con continuità un valore importante alla mia persona era un ostacolo.
In tutti i campi tutto ciò che facevo era nullo e i miei bisogni passavano sempre e comunque in secondo piano rispetto a tutto il resto. Sembrava come se nel momento in cui stavo insieme a una persona il mio Io, lasciasse il posto al NOI.
Era arrivato il momento di cambiare totalmente questo mio comportamento. Era un discorso di onestà prima con me stesso e poi con Zoe.
Leggevo e leggo tutt'oggi molto. Cerco di ritagliarmi spazi nelle lunghe giornate passate tra carta stampata e clienti impazziti per le riviste low cost, per impare.
Tra tutte le parole che ho letto, mi è rimasto impresso un discorso che oggi tengo ben presente.
La cosa bella della coppia è sapersi a memoria. In francese e in inglese "studiare a memoria" si dice "par coeur" e "by heart". Con il cuore, traducendo letteralmente. Una poesia ad esempio, si imparerà, quindi, "con il cuore".
La poesia essendo perfezione della parola contiene un ritmo. Quando si legge e si impara, si deve unire il ritmo delle parole a quello del cuore (by heart o par coeur) e insieme si da vita a un terzo ritmo che fa diventare unico quel testo.
Questo è quanto dovrebbe succedere nella coppia.
Non uno che segue il ritmo dell'altro ma tutti e due insieme che danno ritmo e il risultato è un terzo territorio che non è ne di uno ne dell'altro ma appartiene a tutti e due. Sapersi a memoria non significa quindi cadere nella routine degli stessi movimenti, ma carpire ogni giorno la sfumatura che li rende diversi da tutti gli altri e quindi irripetibili e stupendi.
Con Zoe ero caduto in errore. Per rimanerle vicino e cercare di esserle utile, cercavo di interpretare segni e parole, prendendo decisioni che alla fine non erano quelle giuste o che lei cercava.
Tutto questo veniva fuori dalla mentalità che mi era stata inculcata dal mondo che avevo frequentato prima di lei: quando non si parlava chiaramente, bisognava arrivarci da soli.
Molto più giovane e immaturo, avevo barattato il mio modo di essere per la paura di rimanere da solo.
Da quell'esperienza avevo imparato a non limitare i miei sentimenti e i miei pensieri e a non mettermi da parte. perchè le mie esigenze riguardavano anche la persona che avevo accanto e viceversa.
Il fatto è che dopo quell'esperienza, il lavoro mi aveva inghiottito, non dandomi la possibile di avere confronti con altri, rispetto a questo mio pensiero.
Risultato?Con Zoe ci ero ricaduto diventando quello che non voglio essere.
Un ragazzo che le piaceva incredibilmente e a cui voleva un bene dell'anima, che non riusciva a togliersi dalle sue seghe mentali. Almeno fino ad allora.
Un giorno, dopo aver passato il pomeriggio a discutere proprio di questo, mi ritrovai ad aprire la porta di casa abbracciato dal magone.
Un magone denso. Il magone che penso abbia solo una mosca che continua a sbattere contro il vetro che la separa dalla libertà.
Continuavo a prendere la rincorsa del cambiamento ma mi trovavo a sbattere contro la paura. Non sapevo di cosa. Ed era la cosa più scema del mondo. Passai buona parte del pomeriggio sotto le coperte. Come un bambino capriccioso cercavo di capire qualcosa che mi sfuggiva e non riuscivo a prendere.
Dopo un oretta ero sotto la doccia, cercando in quel getto d'acqua bollente una risposta che tardava ad arrivare.
Pochi minuti ed ero davanti al video del portatile. Cosa ci facevo li, cosa volevo e cosa cercavo non lo so ancora oggi. Confuso, incazzato con me stesso e deluso, iniziavo a vedere una piccola crepa nel vetro. Vedevo davanti a me una corda e dovevo prenderla. Sentivo di dover cambiare qualcosa. Sentivo di dover crescere. Immerso in quei pensieri non avevo quasi sentito il telefono vibrare. Era un suo messaggio. La crepa era immensa ormai. Bastava una piccola spallata e tutto sarebbe crollato. Sarei rimasto nudo. La mia anima si sarebbe aperta come quando si rompe il guscio di una noce. Rompendosi avrebbe rivelato me stesso. Quel me stesso di cui lei si era innamorata e che da troppo tempo non usciva.
Come mi è stato sempre insegnato, mi allontanai un momento da questi pensieri per valutarne la grandezza e il valore.
Tutte le mie incertezze in quel momento si fecero avanti. Una per una le presi e le valutai.
Erano senza fondamento. Si sgretolarono piano piano davanti ai miei occhi umidi di pianto.
Io stavo mettendo in discussione tutto quello che avevo, dai miei amici alla persona che amavo, per delle idee senza base.
La rincorsa era iniziata.
La spallata fu secca e mi provocò in bocca un sapore acre. Come quello che rimane dopo un pianto dirotto di felicità. Avete mai sentito quella sensazione?quel sapore che rimane tra gli ultimi singhiozzi. Mi ritrovai dall'altra parte completamente inerme, senza corazza e un po' infreddolito nel buio.
Bzzzzzz....Bzzzzzz...Bzzzz....
"Pronto..."
"Ciao...come va?"
"Benino...Perdonami...per come sono stato...ora ho da raccontarti una storia..hai 5 minuti?parla di spallate e vetri...!"
"Spallate e vetri?Hai bevuto?!ihih"
"Inizio eh..."

domenica 2 marzo 2008

Capitolo 10° : Di male in peggio

"...Sempre resterai nella mia mente. Sempre. Sempre. Tu sei il mio regalo e sei per sempre...".
Antonello Venditti intonava alla radio Regali di Natale. Strano sentire una canzone così dolce arrivare alle mie orecchie nella sala d'aspetto di un dottore. La ragazzina dietro la scrivania, ammiccante come non mai al mio ingresso in studio, mimava con la bocca le parole sbagliandole tutte.
Normale amministrazione per una che a una prima analisi distratta avrà avuto si e no quoziente intellettivo -23. I quadri appesi alle pareti erano tutte stampe di opere di Modigliani. Due erano uguali. Ritraevano lo stesso soggetto. Una donna, collo lungo tipico, occhi azzurri e nient'altro. Sorrisi tra me e me pensando che assomigliavano vagamente a una mia cliente.
D'improvviso l'interfono si accese e una voce gracchiante chiamò il mio numero: 23.....23...
Mi alzai di scatto e imboccai la porta.
L'ufficio del dottore era completamente bianco. Bianche le pareti, la libreria traboccante di tomi pesantissimi, il lettino con la perenne carta assorbente tirata sopra e bianco il dottore. Pallido come un cencio e perfettamente in tinta con il camice.
Dottor Mariani specialista in malattie epatiche e grande esperto di alcolismo.
Il nome me l'aveva fornito Zoe dopo averle raccontato di come ridotto Fede.
Uno sguardo distratto da sotto gli occhiali lasciati mollemente sulla punta estrema del naso e una frase fredda e automatica "Si accomodi..prego" indicando una sedia di acciaio con i cuscini sullo schienale e sul sedile marroni.
"Grazie".
"Mi scusi che devo finire di aggiornare la cartella del paziente che ha visto uscire..nel frattempo se vuole iniziare a parlare io la ascolto..".
Quelle parole dette dal dottore mi irritarono. Come cavolo si faceva a trattare un argomento come la salute di un essere umano facendo altro? "Mi scusi dottore ma preferisco attendere che si dedichi completamente a me visto che la persona di cui stiamo parlando sta rischiando veramente di andare all'altro mondo...se non è daccordo non ci sono problemi..." e feci per alzarmi e andarmene.
Il dottore mi guardò incredulo, arrossì e mi disse "No no mi scusi...allora attenda un attimo che finisco di scrivere una riga e sono da lei..."
Dopo qualche minuto lo vidi dare un colpo ben assestato al tasto di Invio e tirare un gran sospirone. Poi con un gran sorriso si tolse gli occhiali e si diede una grattata tra i capelli sale e pepe guardandomi intensamente.
"E' un parente del soggetto?" mi disse con espressione grave.
Per la seconda volta sentii un morso acido allo stomaco. Zoe mi aveva detto di aver già mandato la cartella clinica di Fede a Mariani e di averle spiegato già chi ero e questo suo comportamento era inaccettabile per i miei nervi scossi. Stavo perdendo progressivamente una delle poche persone nella mia vita capace di stravolgere le mie convinzioni e lui trattava l'argomento con un distacco allucinante. Con uno scatto in avanti mi ritrovai in un batter d'occhio a pochi centimetri dal suo naso con il mio indice "Ascolta un po' burocrate di merda..se tu sei abituato a vedere "soggetti" che schiattano a me non tocca..Io sono la persona che ti ha presentato la dott. Rossi..ora o mi dici cosa bisogna fare per far smettere di bere Federico o ti gonfio...Hai capito bene...Federico non un soggetto qualsiasi...Fe-de-ri-co..."
Feci questo monologo d'un fiato diventando piano piano bordeaux e con gli occhi stralunati...però servì..
Il dottore si staccò un pochino dallo schienale della sua poltroncina al quale si era avvinghiato temendo il peggio e mi guardo di traverso.
"Il suo amico l'altra sera non ha bevuto solamente. Il problema è stato un cocktail di cocaina e wisky. Federico è tossicodipendente da un bel po' da quanto hanno evidenziato gli esami" dicendo questa frase mi guardo allarmato impaurito dalla mia possibile reazione a queste parole meccaniche.
Io ero impietrito. Mai e poi mai avrei pensato che Fede facesse uso di droghe. Tantomeno di coca. Senza proferir parola uscii da quello studio e me ne andai.
Quella giornata sarebbe stata lunga e faticosa. E io non ero dell'umore giusto per sentire altre cose brutte.

martedì 19 febbraio 2008

Capitolo 9° : Bere irresponsabilmente..

Dalla finestra della mia stanza si vede la luna. Nelle sere di fine estate si vede davvero bene. Il cielo limpido aiuta i pensieri a vagare fluidi nei meandri del mio cervello. Di solito la notte viene usata da tutti per dormire o magari per rimanere in "intimità" con la propria compagna/proprio compagno.
Io, prima di conoscere Zoe, la usavo per pensare. Riflettevo sulla vita, su quanto avrei dovuto fare per migliorarla e renderla più "a misura Lorenzo".
In sottofondo nella stanza, la televisione accesa ronzava ininterrotta su una trasmissione inutile. La spensi con soddisfazione per accendere lo stereo. Scelta obbligata tra due cd: rilassarmi con Jack Johnson o puntare sullo stile con Frank Sinatra? Optai per Jack Johnson. Non so perchè ma la vita che vive mi fa sognare. Forse perchè per me è una delle migliori per un essere umano. Sole, mare, Hawaii, surf e musica.
Mi lasciai cullare tra quelle note mentre andavo in cucina a mettere su l'acqua per un caffè. Mi piaceva qualche volta farmi quello americano da bere nella tazzona, magari accompagnato a una fetta di torta fatta in casa. Si da il caso che la sera prima io e Zoe ne avevamo fatta una. Quindi quale miglior momento delle 2.45 per fare uno spuntino? Quando tornai verso la stanza da letto con il vassoio, le lancette dell'orologio segnavano le 2.59.
Entrando dalla porta mi bloccai di colpo. Zoe stava dormendo a pancia in giù con i riccioli scompigliati sul cuscino. La luce della luna, che entrava dalla finestra aperta un poco dal venticello estivo di quella sera, accendeva ancora di più quella sua pelle così chiara e le forme del suo corpo risaltavano ancora di più.
Rimasi talmente catturato da quell'immagine che quasi cadevo inciampando nel tappeto. Appoggiai piano piano il vassoio sul comodino e scivolai nelle coperte, vicino al suo corpo caldo e profumato.
Era un piacere starle vicino anche solo a guardarla dormire. L'espressione era assorta e la guancia, leggermente schiacciata tra le pieghe del cuscino, donava al viso una vena di serenità straordinariamente bella.
Come succede il più delle volte in questi casi, passarono pochi minuti prima che dischiuse gli occhi guardandomi e sorridendo.
"Ciao..." dissi con una faccia sbalordita da quello che avevo davanti...
Lei mi guardò e mi disse aggrottando la fronte "ohi...ho capito che sono brutta però...o mamma che sonno.." e si lasciò ricadere mollemente sul cuscino.
"No no..al contrario..stavo guardandoti pensando a come fosse possibile creare uno spettacolo così bello in natura..."
Lei arrossì, affondò la faccia per un attimo nel cuscino ridendo e poi si tirò su sulle braccia e mi diede un bacio. La notte passò veloce e ci presentò il "conto occhiaie" al mattino Non ci voleva solo una tazza di caffè ma, viste le condizioni, una flebo intera direttamente in vena.
Lei andò al lavoro. Iniziava il turno alle 9,30 e avrebbe lavorato fino alle 13. Poi sarebbe passata dai suoi a salutarli e sarebbe tornata li anche per quella notte.
Nel mio cervello frullavano 10, 100, 1000 idee per pomeriggi da passare con lei. E la cosa che mi sconvolgeva era che fossero tutte esperienze che volevo avere con lei a fianco. Non avevo mai sentito questo desiderio. Prima con le altre ragazze era tutto diverso. Conoscenza, sesso quanto basta e per finire, la frase classica "siamo troppo diversi...mi dispiace..è finita". Al massimo c'era la voglia di stare insieme ma mai più di tanto, perchè dopo un po' gli argomenti finivano e la noia prendeva inevitabilmente il sopravvento.
Poi, per loro, era troppo impegnativo portare avanti un rapporto con una sola persona. Troppo impegnativo portare avanti un rapporto con me. Lorenzo pretendeva rispetto reciproco e attenzione per i sentimenti. Era come avere un prato verde da curare e assegnarne metà ad ognuno. Se uno non curava la sua parte, prima o poi sarebbero cresciute le erbacce o l'erba avrebbe lasciato il posto a una distesa di terra arida.
Nessuna richiesta, promessa ne giuramento, chiedevo solamente di prendersi cura della propria parte con serietà o mollare il colpo. Tutto qui. Chiedevo troppo? Dopotutto in amore se ognuno non fa un piccolo sforzo per rimanere vicino all'altro, prima o poi salta tutto. No?
Nel frattempo mi ero alzato, fatto doccia e barba, vestito e messo a leggere un libro sul balcone.
In quel momento nulla poteva rovinare questa atmosfera. domenica mattina, niente lavoro, poca gente in giro, sole..insomma..tutto perfetto.
Pi pi pi..piri pipipi..Odio il cellulare...soprattutto quando suona "Anonimo". Da quel pomeriggio in cui era stata male mia nonna, non lo sopportavo più.
Risposi. Era Fede. Dopo 5 minuti ero cavalcioni al motorino. L'aria era calda ma in motorino non dava fastidio. Anzi. Era piacevole tutto meno quanto avevo sentito dall'altra parte della cornetta.
Parcheggiai il motorino, mi tolsi il casco e citofonai. Quando arrivai sotto casa di Fede, c'era già la macchina di Clara, la sua ex. Rispose lei al citofono con la voce molto tesa. Feci le scale a due a due per fare prima mentre l'ascensore scendeva al piano terra con una signora anziana all'interno.
Il corpo di Fede, devastato dall'ennesima sbronza da rhum, era disteso sul letto e guardava il soffitto.
L'aria era rarefatta oltre che tesa ma quando andai per aprire la finestra fu proprio Fede a biascicare un "Fatti i cazzi tuoi e stai lontano da quelle finestra e poi un'altra cosa" e dicendolo si alzo sui gomiti "Tu, avvoltoio di merda e quell'altra vacca li davanti ora andatevene fuori dalle palle..." e si rimise disteso con un braccio sopra gli occhi.
Io e Clara ci guardammo per capire il da farsi.
Con un'occhiata capimmo che la pensavamo alla stessa maniera.
Dopo 10 minuti eravamo al bar di sotto. Caffè io e cioccolata lei, eravamo li esclusivamente per controllare gli spostamenti di quel relitto umano, che in questo momento avrebbe potuto fare sciocchezze a profusione.
Fede aveva iniziato a bere pesante, da quando Clara l'aveva mollato. Anche se non voleva ammetterlo, ormai era diventato un vizio.
"Ma ti ha chiamato lui?" le chiesi continuando a girare il cucchiaino nella tazzina ormai vuota.
Lei mi guardò con aria stanca e mi disse "Si..appena ho preso la linea ha iniziato a insultarmi e a dirmi che dovevo tornare con lui se no si ammazzava...insomma..mi sono anche spaventata.."
"Si ma ora secondo te cosa dobbiamo fare?". Era la terza volta dall'inizio dell'anno che si riduceva così e iniziavamo ad essere seriamente preoccupati per lui.
Chiamare i suoi genitori non ci sembrava la soluzione più giusta, anche perchè li avremmo messi in agitazione per una situazione pesante che oltretutto li avrebbe fatti soffrire maledettamente.
Lasciai Clara ad aspettare il suo nuovo fidanzato da sola e saltai in motorino.
Avevo preso una decisione. Dopotutto l'unica persona che poteva aiutare Fede ce l'avevo molto vicino.